• Che fine fanno le multe stradali? Da deterrenza alle infrazioni a patrimonio esigibile pronta cassa
    13/08/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    LO STATO ITALIANO spende in sicurezza stradale ogni anno da 20 ai 50 centesimi di euro per abitante (in Europa i più virtuosi sono Fran¬cia ed Inghilterra con  25/30 euro ad abitante) per contro, incassando solo con le multe, oltre 33 euro ad abitante, senza contare il 10,50% del contributo sanitario pagato con l’RC Auto che da solo fa altri 35 euro pro abitante. Ma a stuzzicare la curiosità generale dei contribuenti è la domanda: ma che fine faranno i soldi delle multe stradali? Dunque, andiamo con ordine. L’art. 208 del C.d.S. si occupa dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie, che secondo il dispositivo praticamente vede una divisione fifty-fifty dei proventi delle multe relative all’art. 142 del Codice della Strada (“Limiti di velocità”) per infrazioni accertate con apparecchiature e strumenti come l’autovelox, il telelaser, il cronotachigrafo, con l’obbligo (secondo la legge 120/2010) per gli enti locali di rendicontare all’amministrazione centrale attraverso una comunicazione che documenti la ripartizione annuale dei proventi realizzati. Ed il richiamato articolo ovviamente, si premura di dare anche indicazioni su come impiegare questo “ricavo”. Difatti,  il 50% degli introiti derivanti dalle multe dovrebbe essere destinato alla sicurezza stradale di cittadini ed automobilisti.

    In particolare, il 12,5% dovrebbe essere utilizzato per il miglioramento della segnaletica, un altro 12,5% ai controlli della polizia locale e il restante 25% deputato alla manutenzione delle strade, al potenziamento della sicurezza degli utenti deboli (pedoni, anziani e bambini) nonché  all’educazione stradale. Ma uno studio realizzato dalla Fondazione Guccione  rileva che dei circa 2 miliardi di euro all’anno incassati, lo Stato investe sempre nel medesimo anno in media circa solo 30 milioni per l’attuazione del Piano nazionale per la sicurezza stradale. Vale a dire, quasi 70 volte in meno dei proventi raccolti. Tanto per dire che, non è affatto un mistero che sia usanza ricorrente per gli enti locali utilizzare questa pronta cassa per ripianare altri capitoli dei propri bilanci spesso in rosso per mala gestione o per riduzione dei trasferimenti dallo Stato centrale, di fatto distraendo queste somme dal comparto sicurezza per imputarle ad altre voci. Ma non è tutto. Il tariffario delle multe è in lievitazione costante e diviene più redditizio di anno in anno (molto più di inflazione e crescita del potere d’acquisto) e gli strumenti per la sicurezza passiva divengono anch’essi sempre più ingegnosi e sofisticati, tanto da avere effettivamente contribuito incisivamente alla diminuzione della sinistrosità stradale, passata dai  6.682 morti nel 2001, ai 4.237 morti nel 2009, facendo registrare un deciso meno 40,3% rispetto al 2001 ma che, per converso, sempre più frequentemente sono complementari a fornire uno scudo,  l’alibi discolpante alla crescita esponenziale del monte sanzioni che vengono comminate senza discrimine  abbassando la soglia della c.d. normale tollerabilità se non applicando le regole sulla sicurezza della circolazione in circostanze aleatorie per l’ottenimento di risultati che di sicuro hanno solo l’ammontare del “tesoretto” atteso. E sulle procedure coattive collaterali al costo-multa, tema questo di grande sensibilità per i cittadini oggetto di innumerevoli strali polemici, è meglio stendere un velo. Perché metaforicamente, aizzando il cerbero Equitalia, a cui si fanno spalancare le fauci impietose per scoraggiare ogni timido tentativo di presa di posizione ostinata e contraria, si contrappone un invito certo alla resa. Un pò come usare un bazooka per acchiappare una mosca.