• Sanità, studio dell’Ocse ci premia. Quando il termine di paragone è l’Italia
    30/06/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    PER EFFETTO DELLA CRISI s’arresta la crescita delle spese per la sanità in Europa. E’ quanto emerge da una recentissima pubblicazione dell’OCSE in tema di sanità. Il documento informa che il trend di crescita della spesa sanitaria è rallentato o, addirittura,  in taluni casi, diminuito in termini reali nel 2010 in quasi tutti i paesi area Euro, invertendo una tendenza che per lungo tempo aveva visto il settore in costante aumento. Prendendo in esame il periodo 2000-2009, lo studio denota come la spesa sanitaria complessiva sia cresciuta di quasi del 5% per anno, trovando una battuta d’arresto, con una crescita praticamente azzerata, nel 2010 (-0,5%). Anche se i dati presi in analisi coinvolgono un numero limitato di paesi, lo studio denota che la crescita di spesa per il settore realizzata nel 2011 sia quasi nulla, a fronte di un incremento di oltre il 5% l’anno nel 2008 che nel 2009. All’inizio della crisi economica il dato tendenziale della spesa pubblica sanitaria era incline ad essere mantenuto costante dai vari governi. Ma le sforbiciate alla spesa che si sono rese via via sempre più necessarie per adeguare i bilanci degli stati hanno iniziato ad incidere in questo comparto già verso la metà del 2010. Particolarmente interessati sono stati i paesi europei che più hanno subito lo stop recessivo.  In Irlanda, la riduzione della spesa pubblica ha spinto verso il basso la spesa sanitaria totale del 7,6% nel 2010, a fronte di un tasso di crescita medio annuo del 8,4% tra il 2000 e il 2009. Allo stesso modo, la spesa sanitaria in Islanda è scesa del 7,5%, come risultato di una riduzione del 9,3% della spesa pubblica. In Estonia, a seguito di un tasso medio di crescita di quasi il 7% all’anno dal 2000 al 2009, le spese per la salute sono  scese del 7,3% nel 2010. E grazie al calo della spesa sia pubblica che privata, in Grecia, le stime rivelano che la spesa sanitaria totale è diminuita del 6,5% nel 2010, dopo un tasso di crescita annuo di oltre il 6% in media dal 2000. Tutto questo contenimento della spesa è stato raggiunto attraverso una serie di scelte politiche calibrate ad hoc. In Irlanda, la maggior parte delle riduzioni sono state conseguite  attraverso tagli ai salari, tributi a professionisti e aziende farmaceutiche e attraverso una riduzione reale del numero degli operatori sanitari. In Estonia sono stati decurtati fondi di natura amministrativa al Ministero della Salute nonché si sono ridotte le tariffe di rimborso delle prestazioni sanitarie pubbliche. Ed anche i  piani di investimento sanitari sono stati congelati in un certo numero di paesi, tra cui Estonia, Irlanda, Islanda e Repubblica Ceca, cercando di coniugare l’equilibrio d’un beneficio sul bilancio e l’efficientazione dei servizi erogati, accorpando  strutture ospedaliere quando non addirittura interi ministeri, e persino accelerando, ove possibile, le cure dei pazienti da ospedaliere ad ambulatoriali e di day surgery. Anche l’impiego dei farmaci generici è stato favorito provvedendo ad incoraggiarne l’uso. In altri casi, le misure introdotte hanno spostato l’ago della bilancia dei pagamenti sanitari più sulle tasche dei cittadini come ad esempio in Irlanda dove la quota dei pagamenti diretti da parte delle famiglie sui medicinali prescritti ha subito un aumento, mentre nella Repubblica Ceca si sono aumentate le tariffe degli utenti per i soggiorni in ospedale.  Per l’Italia nel 2010, la spesa totale per la sanità ha rappresentato 9.3% del PIL, ponendosi addirittura sotto la soglia della media dell’OCSE (9.5%). Inoltre, per quanto attiene alla spesa in materia di sanità, intesa quale componente del PIL, abbiamo fatto meglio ad esempio, degli Stati Uniti (la cui spesa ha inciso sul PIL nazionale per il  17.6% nel 2010), Olanda (12.0%), Francia (11.6%) e Germania (11.6%), avvicinandoci come termine di comparabilità a quella della Spagna. Il Bel Paese messo sotto la lente d’osservazione dell’OCSE ha infine registrato un altro dato più che confortante : una media di in termini di spesa sanitaria pro capite valutata in dollari pari a 2.964 USD nel 2010 ( a parità di potare d’acquisto) molto più bassa rispetto alla media dell’OCSE di 3.268 USD. Un passo a piè sospinto verso la razionalizzazione ed il taglio degli sprechi del passato che, per poter favorire la qualità delle prestazioni devono non soltanto ricevere il plauso statistico internazionale ma brillare di un nuovo virtuosismo culturale, affinché tali nequizie rimangano ereditate ai posteri come un pietoso ricordo. Giuseppe Campisi   –