REGGIO CALABRIA – Ben 501 lavoratori hanno detto no all’accordo firmato da tutte le sigle sindacali con l’azienda Med Center Terminal Container . Un risultato che sembra sconcertante e inspiegabile solo se non si conoscono le ultime modifiche apportate al programma di organizzazione del lavoro e soprattutto se si ignorano le condizioni ormai storiche del porto di Gioia Tauro. Ricordiamo che l’accordo, definito a febbraio e firmato dai sindacati confederali solo più recentemente, comprendeva l’impegno ad aumentare la produttività in cambio del recupero di importanti risorse economiche destinate a sanare gli arretrati dei lavoratori portuali. Un accordo che non poteva non essere accolto positivamente dai professionisti del porto, già capaci di dimostrare negli ultimi anni, di riuscire a essere produttivi e competenti su standard elevati.
Dopo la firma di tutte le organizzazioni sindacali è però subentrato un programma di organizzazione del lavoro, chiamato Nevis, che a nostro parere sembra non saper distinguere gli esseri umani dalle macchina: riducendo i tempi morti nelle operazioni portuali approssimativamente allo zero impedisce ogni opportunità di recupero psicofisico per gli operatori, mettendo a serio rischio soprattutto quelli che sono quotidianamente alle prese con macchinari pesanti, camion, carrelli e infrastrutture delicate e pericolose. Tacciamo inoltre sulla richiesta, purtroppo già accolta in maniera sofferta dai lavoratori, di rinunciare alla pausa di metà turno in cambio dell’impegno da parte dell’azienda di un riconoscimento economico arretrato: impegno che a oggi sembra destinato a essere disatteso.
La nostra richiesta alla società MctT dunque è di riaprire la trattativa e tornare al tavolo con i lavoratori, rispettando l’esito referendario e cercando di essere chiara, questa volta, sulle proprie reali intenzioni di investire sul Porto di Gioia Tauro. I nostri portuali hanno dimostrato affidabilità e grande coscienza, oltre che una innegabile professionalità e capacità di aumentare la produttività anche nelle condizioni di un lavoro organizzato in maniera molto più umana (con pause e ritmi razionali). È il caso di cominciare a pensare a un’uscita graduale dal regime di cassa integrazione, con l’investimento in infrastrutture ed carrelli Sc da tempo promesso ma ancora disatteso, per reinserire gli ottimi lavoratori all’interno di una organizzazione lavorativa votata all’aumento della produttività ma anche al raggiungimento di una condizione più umana per gli operatori. Lo scalo gioiese non merita le approssimazioni con cui negli anni è stato amministrato ed è forse il caso, anche e soprattutto per una grande azienda come MctT, di mostrarsi finalmente lungimirante e più attenta alle enormi criticità da così tanto tempo in attesa di essere risolte.
1 commento
sandro spanò
1 settembre 2014 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
caro compagno longo quello che tu dici e sacrosanto ma voglio ricordare a tutti che al inizio del avventura del porto tutte dico tutte le sigle sindacale confederali pur di far partire il porto hanno svenduto i lavoratori e non sono parole ma fatti con accordi tipo gabbie salariale adesso che il padrone e padrone di tutto il porto e vedi pure la vicenda di quella azienda che costruisce imbarcazione di lusso che non a la possibilità di fare i collaudi sul posto perché i signori della mct si sentono padroni di tutto e ci trattano come servi e questa la verità vai a togliere un profitto ad un padrone che gli e stato dato comunque solidarietà ai lavoratori E RICORDARSI CHE LOTTA PAGA SEMPRE PERTANTO LOTTARE LOTTARE SANDRO SPANO SEMPRE PIU INDIGNATO CON TUTTI