• Il circospetto ermetismo che accomuna Pd ed imputati negli sviluppi della vicenda Naccari-Falcomatà
    27/06/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio
    ANCHE A SUFFRAGIO della sua possibilità di meglio difendersi, Demetrio Naccari Carlizzi dovrebbe meditare l’accettazione nel fare un passo indietro attraverso l’autosospensione da quel partito rispettabilissimo di cui egli è rappresentante di punta istituzionale e che, peraltro, la sua stessa moral suasion gli dovrebbe imporre di fare, visto che dal malconcio PD calabrese col suo feder-commissario D’Attorre, calato mestamente il sipario sulle promesse e mai mantenute primarie, non giungono segnali alcuni ed il tracciato appare piatto. Gli scenari investigativi di cui la stampa rende noto si vanno arricchendo di nuovi particolari degni di un gossip estivo in un crescendo di colpi di scena adeguati alla migliore saga barlusconiana.
     
     

    demetrio naccari carlizzi, pd

    Ma tremendamente più assordante risulta il silenzio del PD nazionale, che nemmeno con l’espressione d’una nota ufficiale par voglia lavarsene le mani, quasi a conferma del fatto che della provincia calabrese, l’impero rosso centrale non se ne voglia proprio curare,  salvo presenziare a festival e passerelle piuttosto autoincensanti concedendo la visita sporadica di qualche illuminato conferenziere del comitato politico centrale con la solita verità in tasca, che quasi mai è tramutabile in attualità. L’esser prodigo di consigli e suggerimenti per altri evidentemente proprio non gli avrà portato bene, perché adesso che la pillola toccherebbe ingoiarla a lui, nemmeno indorata par esser buona. Indimenticabili sono gli strali anti-scopellitiani all’allora ex sindaco di Reghion, quando anche una foglia caduta in terra dall’albero verde era pretesto valido per poterlo abbattere. La memoria è corta alla bisogna, e l’on. Carlizzi ora che dietro l’indice puntato si trovano lui, la coniuge consorte ed un mini esercito di alti funzionari regionali pare averne riscoperto il motto balsamico.

     
     
    E’ vero che la legge consente d’avvalersi della facoltà di non rispondere, ma quel che appare strano in questa vicenda, al di là degli elementi probanti in mano agli inquirenti il cui vaglio è in via d’approfondimento, è che un paladino pretensore della legalità nei confronti altrui nella forma più veementemente praticabile quale l’avvocato Carlizzi,  scopra ad horas la necessità coniugale del silenzio tombale reso fedelmente dalla moglie di fronte ai magistrati proprio quando più opportuno sarebbe stato rischiarare le tinte fosche abbattute come nubi sul lor capo, ridando luce alla verità. Il dubbio fortissimo è che forse si possa trattare d’una verità indicibile. O peggio ancora, d’una non verità. Od infine dall’effluvio della subodorata verità che i giornali promanano da settimane e che investono la coppia Naccari-Falcomatà,  raccontando di una ulteriore presunta storia italiana di ordinaria malapolitica che, per nemesi,  e questa volta anche per uno scherzo beffardo del destino, s’è fatta trovare indosso la casacca di chi è sempre stato costumato politicamente all’invettiva.  Giuseppe Campisi