• Vivere e morire soli. Il destino di un giovane disagiato in una società sempre più insensibile e inadeguata
    Continua il dibattito aperto dall'Edicola con i commenti dei lettori
    29/07/2013 | Edicola di Pinuccio

    E’ MORTO SOLO, così come aveva vissuto gran parte della sua vita. Si è impiccato a 37 anni, all’interno di una piccola casetta del centro storico e il suo corpo è stato ritrovato dopo almeno tre giorni. La notizia di cronaca potrebbe essere chiusa con queste due scarne righe. Ma quella morte, per chi ha ancora un briciolo di coscienza civile, apre interrogativi pesanti come macigni per ognuno di noi. Provoca ferite che forse non tutti vedono. Ferite sanguinanti come quelle carni lacerate grondanti di solitudine del protagonista di questa terribile storia. Era un giovane con problemi antichi Giovanni ( ma potrebbe chiamarsi Francesco, Michele, Rocco o come volete voi) ma era un giovane che nonostante i mille problemi ha deciso di togliersi la vita. E già questo dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – provocare un moto di ribellione e una miriade di domande sulle ragioni che l’hanno spinto a fare quell’orribile gesto. E invece no!! Anche questa morte scivola con leggerezza sulle nostre coscienze come se fosse una semplice goccia di un temporale estivo. Nulla di più.

     

    Le solite due chiacchiere piazzaiole su chi fosse e come è morto. Poi il funerale , le due parole di circostanza quasi per timbrare il cartellino dell’ipocrisia. Per il resto nulla. Nulla che inquieti, nulla che sgomenti. Nulla . Siamo diventati di gomma e tutto ci scivola addosso. Insensibili anche davanti ad una morte come questa che provoca interrogativi agghiaccianti. E’ morto. Punto. Da domani riprende la nostra vita superficiale in attesa di altri drammi umani. Al massimo qualche battuta tipo: “E’ stato un ragazzo sfortunato..” “ si ma, però, se”. Ma che razza di paese abbiamo costruito? In quale comunità viviamo? E se Giovanni abbia scelto di morire in quel modo per mandarci un messaggio? Lanciarci un grido di dolore non raccolto ed inascoltato? E se fosse veramente così? Qual è la nostra reazione? Ma si può banalizzare una morte a 37 anni come se fosse una partita a briscola? La vicenda umana di Giovanni con la sua drammatica fine ma anche quella di tanti altri ragazzi e ragazze del nostro paese con problemi enormi ha radici profonde e coinvolge tutti: la sua famiglia, i suoi insegnanti, gli amici, se ne ha mai avuti, le associazioni, le istituzioni, le agenzie educative. Tutti. Nessuno escluso.

     

    Ci tocca questa morte che lascia sul selciato sofferenza indicibili per la sua famiglia? Sicuramente no!! Perché se ci toccasse fino in fondo avremmo dovuto già da tempo domandarci dove sta andando la nostra comunità, come funzionano le agenzie educative, quali strumenti a sostegno di famiglie sono state messe in campo, come interagiamo sul piano umano tra di noi ecc.ecc.. Insomma ci saremmo già da tempo posti il problema di come affrontare problemi del genere e soprattutto ci saremmo interrogati sul nostro modo di vivere. Ed invece no perché abbiamo scelto di annegare nel mare della retorica senza senso , dell’ipocrisia e delle banalità che abbruttiscono la vita di tutti fino a farci diventare tutti, indistintamente e nonostante le apparenze UOMINI SOLI.


     
  • 14 commenti

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    1. salvatore

      Cinquefrondi è un paese impoverito fatto di gente povera. I bisogni quelli veri sono stati sostituiti da quelli indotti e semmai ne fossero rimasti, di quelli autentici, come l’incontro con l’altro, si raccolgono le briciole. Eppure basterebbe davvero poco a cucire le ferite e risalire la china. Abbiamo toccato il fondo ormai. Insisto sulla consulta delle associazioni che si parlino e si guardino negli occhi per offrire un pò di tempo a molti altri Giovanni Corica. Invisibili agli occhi di tutti. Il tempo del volontariato puro è finito, lo so, ma esistono molte forme per spendere il proprio tempo, le proprie risorse, infinite risorse. Forse Giovanni non si sarebbe impiccato, forse si. Una ragazza con molti problemi alle spalle un giorni mi disse: Sono contenta di aver rubato, perchè Dio mi ha fatto incontrare voi…..! In quel momento la mia vita ha cambiato volto! Ed anche il mio. Giovanni era un ragazzo straordinario e profondo, sensibile e fragile, ironico ed inquieto. Aveva una grande amica, si chiamava indifferenza.

    2. Nerone

      Tutti siamo colpevoli e responsabili di quanto è accaduto al Giovanni di turno e purtroppo, come si legge nell’articolo dell’edicola, non sarà di certo l’ultimo.
      Ma le associazioni, le agenzie che dicono di essere presente ed operanti sul territorio cosa hanno fatto per cercare, quantomeno, di evitare quanto è accaduto?
      La chiesa, che dovrebbe essere il punto cruciale, il faro di riferimento a cui tutte le altre associazioni dovrebbero ispirarsi, nelle loro diversificazioni strutturali, che cosa ha prodotto per evitare la tragedia? Sicuramente POCO per non dire NULLA.
      Tutti sono presenti nel momento dell’accaduto solo per manifestare ipocritamente, il loro dolore, il loro sdegno di circostanza e per scaricare sugli altri le colpe e le responsabilità che sono di tutti.
      Chi fra le tante istituzioni è stata veramente vicina a Giovanni e alla sua famiglia per dare fattivi consigli che avrebbero sicuramente evitato quanto invece è successo?
      Chi ha tentato di far uscire Giovanni dal profondo isolamento in cui si era chiuso e da cui non è riuscito, da solo, a venirne fuori se non col gesto estremo messo in atto?
      Allora che questa morte sia di monito a tutti. Perchè non si può e non si deve morire a causa dell’indifferenza della gente. Togliamoci di dosso quel vestito di gomma, come lo chiama giustamente Salvatore, abbandoniamo quei paraocchi che abbiamo indossato volutamente e che non ci permettono di vedere quanto accade intorno a noi ed ognuno per la sua competenza inizi a fare il suo dovere di cittadino. E teniamo sempre presente che quando in una comunità accadono simili fatti di questi fatti siamo TUTTI responsabili.

    3. elisabruzzese

      grazie Nerone….

    4. pittalis1971

      Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo di Luigi Carrera.

      La solitudine, la disperazione, il senso di abbandono, la condanna morale in luogo dell’aiuto e del soccorso, che hanno portato il giovane Giovanni Corica al suicidio, mi fanno venire in mente una foto di qualche tempo addietro in cui, in Iran, un giovanissimo, condannato a morte, sta per essere impiccato e non trova altro conforto, paradossalmente, che nel suo stesso boia, a cui si ab braccia in un ultimo, estremo residuo di umanita’ e di compassione.
      Il boia, insomma, piu’ umano di un’intera nazione.
      Ecco, se Giovanni Corica fosse stato rinchiuso in una tetra, terribile e dura prigione, e non rispedito alla sua comunita’ di appartenenza di Cinquefrondi, sia pure agli arresti domiciliari, forse sarebbe andato incontro ad un’umanita’ migliore, sia da parte dei detenuti che degli agenti penitenziari, capace di non esprimere inutili e affrettati giudizi morali, con la volonta’ di dare soccorso e aiuto, calore umano e comprensione, e , forse, oggi sarebbe ancora vivo.
      Indifferenza totale da parte di tutti (nessuno escluso comprese le istituzioni locali e statali), tanto e’ vero che era morto da giorni senza che nessuno se ne accorgesse.
      Ma in questo paese, purtroppo, siamo incapaci, ormai, di guardare alle sofferenze degli altri, di esprimere un sentimento di solidarieta’ e comprensione, in grado di farci diventare collettivita’ e non una somma di individui.
      In questo paese non c’e’ piu’ nessuno – nessuna forza politica, nessun comitato di cittadini, nessuna organizzazione spontanea – in grado di dire:
      Rifiutiamo la barbarie, rimbocchiamoci le maniche , lavoriamo tutti insieme per trovare o ritrovare (se c’e’ stato)unh sentimento di condivisione collettiva per diventare, finalmente, artefici del nostro destino, per quello che possiamo.
      L’Edicola di Pinuccio a questo proposito, potrebbe dare vita ad un dibattito e ad un confronto su tutti i temi che riguardano la qualita’ della vita a Cinquefrondi, in grado di porre in essere, infine, iniziative concrete capaci di stimolare aggregazione, partecipazione collettiva, e, anche, solidarieta’ e concreta condivisione civica, umana, culturale e sociale

    5. Ankelos

      “Il pastore deve sentire l’odore delle pecore” è la prima espressione che mi è venuta in mente alla terribile morte di Giovanni,quando non si sente più l’odore ma diventa solo un timbrare il cartellino è inutile proseguire nella missione celandola dietro rituali che nulla hanno a che vedere con l’uomo ma solo gesti svuotati di ogni significato,a nulla valgono le parate di persone travestite con mantelline medaglioni e bastoni del comando quando queste non esercitano il ruolo originario quello della carità in senso evangelico e di attenzione e amore all’uomo,non ha senso celebrare “affrontate”finte di falsa gioia nella resurrezione quando la morte e l’abbandono vincono sulla vita, a nulla servono le associazioni culturali che diventano un circolo chiuso e settario promotori di feste di nacatole e serenate,a nulla servono coloro che pretendono di governare il paese solo perché hanno un nome ed una famiglia numerosa che garantisce valanghe di voti per poi dimostrare la pochezza morale ed amministrativa.In tempi non molto passati la cultura e il dialogo si erano impossessati di questo martoriato paese, i gruppi anche se contrapposti negli ideali riuscivano ad esprimere un livello elevato di socialità trainando molti giovani e adulti nel vortice dell’impegno sociale e culturale,grandi Uomini si sono avvicendati affinché questo cambiamento avvenisse e come non ricordare il grande Don Antonio Ritorto che fu un esempio da seguire e imitare che riuscì a coinvolgere persone di estrazione sociale diversa che tuttora nonostante dopo tanti anni mantengono intatto l’insegnamento proseguendo negli ideali di vita pur se lontani dal luogo di nascita per svariati motivi.Negli ultimi anni l’abbandono ed il disgregamento del tessuto sociale ha portato più volte alle cronache la parola suicidio,omicidio,vandalismo un’enormità per un piccolo centro come il nostro,bisogna chiedersi perché si è arrivati a questo,la chiesa le associazioni culturali i vari amministratori che si sono succeduti negli ultimi tempi i semplici cittadini,tutti complici di omissioni nei confronti di chi ha gridato il suo disagio ma nessuno ha avuto le orecchie per ascoltare troppo presi dall’individualismo e dall’inutilità di una vita spesa per il nulla.

    6. Nerone

      Noto con “soddisfazione” che la vicenda del povero Giovanni ha innescato un coro di proteste verso quelle istituzioni che avrebbero dovuto intervenire per tempo onde evitare ciò che ormai tutti sappiamo. Per questo motivo pregherei l’Edicola a voler creare e tenere in evidenza una pagina esclusiva per dare maggiore spazio allo scambio di idee ed aprire un dibattito, non solo tra i semplici cittadini, ma anche e soprattutto tra questi ultimi e le associazioni presenti sul territorio.
      Associazioni che a tutt’oggi non hanno avuto il senso civico (leggi coraggio) di intervenire e dare le proprie spiegazioni sulla loro discutibile condotta. Forse mettono in atto l’antico detto che recita che la miglior risposta è il silenzio, ed avrebbero ragione solo se lo concepissero nel senso del recitare un silenzioso mea culpa, altrimenti dovrebbero avere il coraggio di parlare e di portare a conoscenza di tutti quanto loro avrebbero fatto. A meno che non sono delle società segrete che operano di nascosto!

    7. Ubaldo Larosa

      Ho letto i commenti sulla triste vicenda di Giovanni Corica ma nessuno che abbia visto il tutto da una prospettiva diversa e cioè “Cosa ho fatto io quando Lo vedevo in giro da solo per le strade del nostro paese, bisognoso, sbandato, isolato da tutti come un appestato; cosa ho fatto io per portarGli un pò di conforto, come mi sono comportato quando per caso mi sono trovato accanto a Lui gli ho rivolto un saluto o sono stato indifferente” penso che bisogna ripartire da queste domande e ognuno di noi dia la sua risposta perchè è facile condannare le associazioni di volontariato, la Chiesa o le istituzioni ma è difficile mettere in dubbio il nostro operato. Ognuno di noi deve condannare se stesso e il proprio comportamento perchè se non rivolgiamo per primi la nostra attenzione al vicino non possiamo migliore nulla. Purtroppo il “diverso” lo abbandoniamo al proprio destino, non abbiamo la cultura personale della fratellanza, del riconoscere il bisognoso come meritevole di affetto e di aiuto, non abbiamo una coscienza civica del rispetto verso gli altri; siamo più propensi a demandare agli altri (associazioni di volontariato, Chiesa, istituzioni) la risoluzione di problemi scottanti per non “sporcarci” la mani noi.
      Tutti sappiamo che a Cinquefrondi sono presenti numerosi casi di “bisogno” ed allora da domani ognuno di noi si impegni a portare quel conforto, quell’aiuto di cui tanto stiamo parlando; se non accadrà potremmo ritrovarci con qualche altro episodio drammatico e daremo sempre la colpa alle associazioni, alla Chiesa ed alle istituzioni.
      Ho da fare una richiesta: non vi nascondete dietro pseudonimi, che vuole fare un commento usi nome e cognome è bello sapere con chi si interloquisce.

    8. edicola di pinuccio redazione

      Da Rosanna Giovinazzo riceviamo e pubblichiamo.

      “Giovanni, una vita che non c’è più. Vittima dell’indifferenza, si è detto.
      Indifferenza di fronte alla sofferenza, al disagio altrui, che ci rende ciechi
      e sordi. Tutti, sempre più distratti e indaffarati, in questa corsa verso ciò
      che ci sembra importante, verso quelle che Papa Francesco, a Lampedusa, ha
      definito “bolle di sapone”, non ci accorgiamo nemmeno, di chi, più sfortunato
      di noi, pur se in dignitoso silenzio, ci chiede aiuto. Perché, “abbiamo perso
      il senso della responsabilità fraterna”: è questo il dramma più grande. La
      responsabilità di ciò che accade è sempre di altri, ma chi sono questi altri?
      Il nostro vicino prossimo, magari i nostri dirimpettai o un gruppo costituito,
      le cosiddette istituzioni? E così, è come trovare un ago in un pagliaio. Pur se
      a ragione, perché l’inefficienza, se non addirittura l’assenza, delle
      istituzioni, sono un dato di fatto, dovremmo ricordarci che esse sono però
      costituite da uomini che, prima che in gruppo, agiscono da singoli, secondo il
      loro grado di coscienza etica e sociale.
      E’ dunque di un umanesimo rinnovato che la nostra comunità, che vive –
      certamente più di altri contesti territoriali- una situazione di gravissimo
      disagio sociale, ha urgente bisogno. Risollevarci da tanta tristezza, accendere
      una luce che squarci prepotentemente il buio dell’indifferenza e del degrado,
      sono cose possibili. Con gesti concreti, anche semplici, uno sguardo, un
      sorriso di amicizia e solidarietà che sollevino dalla solitudine; con l’
      interazione, e non con la stupida, continua e inconcludente contrapposizione,
      delle varie componenti della società civile; con lo svolgere il proprio dovere,
      ognuno secondo le proprie competenze ed il proprio ruolo; con la riscoperta
      calda e succosa di un passato non troppo lontano, fatto di ideali, di
      complicità culturale e sociale, di valori appresi per le vie, nelle botteghe
      artigiane e nei diversi luoghi di incontro e confronto; con il bisogno di
      appartenenza che non è da leggere superficialmente, come un fenomeno regressivo
      rivolto con sguardo nostalgico al passato, ma piuttosto come
      “coscientizzazione” del pericolo che incombe, anzi che è già tra noi: l’
      indifferenza appunto. Il tragico epilogo della vita di Giovanni sia veramente
      monito per tutti. Ed un pensiero profondo e sentito sia rivolto alla famiglia
      di Giovanni, e a Maria, la sua mamma, immagine dolcissima di mater dolorosa a
      cui non è stato risparmiato il dolore più grande che una madre possa vivere:
      vedere suo figlio soffrire e morire.”

    9. Salvatore borelli

      Ubaldo io l ho visto, salutato e chiesto come stava. Un gruppo di ragazzini ha fatto il giro largo e mentre borbottavano fra loro dicevano : quello è malato..ti m bisca a malatia…Giovanni stava quasi facendo cenno per dire qualcosa, ma poi, con sguardo basso di chi conosce la sofferenza vera…mi ha sorriso salutandomi di tutta fretta. Ho chiesto a qualcuno informazioni su di lui e quatto persone ( adulte ) compreso un parente mi hanno detto cose scontate ed ovvie. STA…Pregiudizi e giudizi verso la persona,
      per le sue scelte di vita, per le sue inclinazioni sessuali e verso la sua malattia. Mi fa tutto abbastanza schifo! Da questa vicenda ed altre mie valutazioni, la proposta al sindaco di creare una Consulta delle Associazioni ( vedi articolo mio ) che metta in campo risorse umane e idee sostenibili nel tempo ( si veda l’esempio di pedagogia ed antropologia culturale di alcuni gruppo amatoriali e associazioni che hanno avviato iniziative bellissime e degne di lode.. presto buttate nel dimenticatoio ). Spero nella prossima amministrazione comunale. La foto in alto credo racconti un momento del film Marcellino pane e vino. È un mondo intimo e fragile, curioso e fatto di mille sfumature…in divenire nonostante l’immensa solitudine che attraversa anche il testo scritto dagli amici di EDP. Quel bambino cerca di porsi costantemente domande entrando in un soliloquio di solitudine…pian piano.. Sognando di riconciliarsi definitivamente a quelle risposte che non ha mai avuto e che, paradosso, solo un Dio superiore, che si sostituisce alla condotta umana, per l’ennesima, volta sembra quasi voler rimediare alle condanne ed alle mancanze degli adulti che l’avevano abbandonato o comunque non riuscivano a comprenderlo fino in fondo. Giovanni come Marcellino, paga conflitti irrisolti e risposte mai avute. Cari amici lettori, quale differenza o quanta similitudine esiste tra il piacere di scrivere ed essere letti e la sperimentazione del sè su un piano pratico, che tradotto significa, fare, per il piacere di essere utili alla comunità in cui si vive?

    10. Nerone

      Una nota, a margine di questo scambio di opinioni, per dire che il nome di chi vi partecipa non deve influire in modo positivo o negativo su quanto si sta discutendo. Dietro un qualsiasi nome o pseudonimo c’è sempre una persona, un Uomo che si interessa ai problemi dei paese in cui vive lui, in cui opera e fa vivere i propri figli, per cui è interessato a che episodi come questo di cui si sta discutendo, non debbano accadere in futuro. Quindi lo pseudonimo usato dallo scrivente non deve condizionare alcuno se questi vuole veramente dare un contributo alla risoluzione del problema.

    11. salvatore

      Concordo con Nerone. Cosa proponi da “buon padre di famiglia”?

    12. Nerone

      Caro Salvatore, il problema vero non è quello che il singolo cittadino potrebbe proporre in simili casi. Io non mi reputo il depositario di verità, nè voglio apparire il presuntuoso di turno che pretende di dettare agli altri le proprie idee o il proprio modo di fare.
      Anche perchè non bisogna, a mio avviso, andare lontano per trovare la soluzione.
      Il vero problema, caro amico, è il cosa non hanno fatto le istituzioni preposte e nate per dare concreto aiuto a chi ne avesse bisogno, anhe se non espressamente richiesto.
      Vedi, Salvatore, il nostro paese è tanto piccolo che in dieci minuti si percorre dieci volte, passami questa battuta, perchè serve per dire che tutti sappiamo di tutti, nel bene e nel male. E quindi, ed a maggior ragione chi è preposto a prevenire o anche ad intervenire in itinere, avrebbe dovuto sapere, e deve sapere dei disagi, delle ristrettezze, della vita vissuta stentatamente di concittadini. Però così non è stato e la riprova è il continuo silenzio di queste istituzioni, civili e religiose che dir si voglia. Ti sei chiesto del perchè di questo silenzio? Che cosa se ne fa il cittadino di queste istituzioni fantasma, sorte soltanto per dare effimera evidenza a chi ne fa parte ma che non vogliono saperne dei problemi del paese! Perchè alla luce dell’ultimo tragico accaduto, l’amministrazione comunale, la chiesa non hanno provveduto a chiedere spiegazioni e cercare di unificare gli sforzi affinchè fatti del genere non abbiamo a verificarsi in futuro?
      Questi sono i veri problemi.

    13. Associazione Senza Frontiere

      Dopo aver letto attentamente i vostri commenti mi viene spontaneo chiedervi: “E voi dove siete di fronte a tutto questo sfacelo?Che contributo apportate quotidianamente e personalmente a far s’ che la società di Cinquefrondi migliori? Che tanti nostri concittadini possano aggrapparsi ad una mano che gli viene tesa per emergere dal baratro in cui sono caduti e non permettergli di toccare il fondo?” E’ facile trincerarsi dietro un monitor per esprimere amarezza, dispiacere rammarico, e sparare a zero conrtro tutto e contro tutti, soprattutto contro le Associazioni che, ahimè, fatte di persone anch’esse, e magari fragli e con problemi, debbono subire il dispotismo di gruppi
      politici locali che si fanno la guerra tra loro pur di far valere la “legge del più forte”, perdendo di vista quelli che sono i valori morali, umani e sociali. E allora, vi invito ad essere in prima linea, a vivere la realtà quotidiana del vostro Paese, a conoscere a fondo le Associazioni del vostro Paese e a difendere il loro operato e tutelarle da tentativi di disfattismo nel voler spodestare qualsiasi genuina iniziativa sociale.
      La parola dev’essere supportata dall’azione, altrimenti non ha motivo di essere!

    14. Ankelos

      Attenti a non cadere nell’errore del “tutti colpevoli nessun colpevole” storia che si sente spesso in giro quando si tratta di esimersi da responsabilità,ognuno di noi ha delle responsabilità ben precise questo è indubbio ma meno gravi di chi è preposto e demandato a determinati compiti specialmente in queste situazioni di disagio sociale,per essere pratici e concreti un conto che alcune persone vengano avvicinate dal semplice cittadino animato da buona volontà ma “ignorante” della delicata problematica che può offrire una semplice amicizia che spesso viene negata per pregiudizio come qualcuno scriveva sopra,altra cosa che intervengano autorità amministrative delegando tecnici che ben conoscono queste situazioni oppure autorità spirituali che con la loro esperienza e potere morale possono essere di aiuto concreto, oppure associazioni culturali che possono coinvolgere in un lavoro di inserimento di gruppo, attenzione a non cadere nell’errore dell’autoflagellazione o peggio dello scoramento,i cittadini hanno l’obbligo di informarle autorità competenti che in virtù del potere materiale e spirituale ad essi concesso si adoperino con tutte le forze a loro disposizione a prodigarsi a favore dei più svantaggiati,anche se dubito che in una piccola realtà questi non siano informati ma per il quieto vivere si guardano bene dall’intervenire,tanto mal che vada un poveraccio improduttivo e qualche volta magari anche rompiballe di meno.

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