• Una verità brutale dietro l’Unità d’Italia. Un nuovo meridionalismo come tematica di fondo dei programmi scolastici
    26/11/2012 | Rosanna Giovinazzo | Edicola di Pinuccio

    LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “La brutale verità” di Michele Carilli, di qualche giorno fa, ha sicuramente offerto numerosi spunti di riflessione e approfondimento sulla reale storia dell’Unità d’Italia. Storia, mistificata per lungo tempo, che si vuole riappropriare della sua fondatezza oggettiva e scientifica, anche attraverso questo libro. La parola revisionismo, in altri contesti storici, a ragione, è assolutamente da evitare, perché significherebbe mettere in discussione una verità talmente “vera” nelle sue atrocità e drammaticità, da temere una legittimizzazione di ciò che assolutamente legittimo non è stato e non è, ma, in questo caso, il discorso cambia, e di molto. In realtà, e per certi versi, di revisionismo della storia del Sud d’Italia dal 1861 in poi, vi è traccia fin da subito. Molti autorevoli meridionalisti dell’epoca hanno infatti analizzato e ricostruito fatti e problemi del post-unità. Si pensi a Giustino Fortunato per il quale basta riportare quanto scrisse in una lettera indirizzata ad un altro grande meridionalista, Pasquale Villari: “… L’Unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’Unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali…”.

     

    E a Gaetano Salvemini, a Francesco Saverio Nitti o, ancora, andando più avanti nel tempo, ad Antonio Gramsci per il quale “…Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti…” (in L’Ordine Nuovo, 1920). Dunque, chiare ed inequivocabili denunce. Eppure, la storia ufficiale ha disegnato un quadro non altrettanto chiaro ed inequivocabile. Perchè? Complessi e molteplici i motivi. Individuandone alcuni, ci si può riferire: all’esigenza “politica” di cancellare dalla coscienza e dalla memoria delle popolazioni del Sud -che dovevano diventare “italiane” una volta “fatta l’Italia”- le atrocità commesse dai Piemontesi; alla mitizzazzione delle imprese garibaldine e del raggiungimento della libertà (!?), tacendo sul fatto che, tranne qualche eccezione, le popolazioni del Sud non avevano nessuna voglia di essere “liberate”; ai valori nazionalistici del regime fascista e all’enfatizzazione della storia romana, saltando secoli e secoli di storia meridionale. Fino a che, anche con l’avvento della Repubblica, costata una terribile guerra civile che ha visto l’Italia divisa in due, e con un movimento indipendentista siciliano in piena agitazione, si è continuato a mantenere immutato il quadro storico risorgimentale ufficiale. Ma il clima socio-culturale, pur se sono ancora alimentate assurde contrapposizioni Nord vs Sud da certa “ideologia” leghista, e non solo, è mutato. L’informazione, la sensibilizzazione, la coscientizzazione, quest’ultima intesa come consapevolezza di una nuova cittadinanza nel territorio e nel mondo, che è sempre più di dimensione insieme locale e planetaria, non tollerano più le mistificazioni della storia. La storia, che è una scienza che si basa su fonti e documenti, va insegnata proprio attraverso le fonti e i documenti.

     

    In tal modo, non sarà facile modificare o addirittura eclissare la storia. Soprattutto noi insegnanti meridionali dovremmo favorire, forse più di altri, questo processo di legittima revisione della nostra storia. Ed in questo, un validissimo aiuto potrebbe essere la scelta del Meridionalismo come tematica di fondo dei nostri programmi di studio, non soltanto dell’ambito storico ma anche letterario, contribuendo in tal modo a restituire finalmente alla nostra terra quel concreto riconoscimento e quel rispetto che per 150 anni le sono stati negati.


     
  • 4 commenti

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    1. Rosanna Giovinazzo

      Chiedo scusa per l’errore di battitura , ovviamente non mitizzazzione ma mitizzazione.

    2. Pino Martino

      Condivido pienamente: “noi insegnanti meridionali dovremmo favorire, forse più di altri, questo processo di legittima revisione della nostra storia”. Gianni Oliva (Un regno che è stato grande, Mondadori), Gigi Di Fiore ( I Vinti del Risorgimento, UTET), Pino Aprile (Terroni, Piemme), Enzo Di Brago (L’Italia si cerca e non si trova, Qualecultura) sono solo alcuni degli studiosi, non solo meridionali, che hanno cercato di fare luce su un periodo della nostra storia che è stata scritta dai vincitori in maniera utilitaristica.

    3. Antonio Filippo Corea

      Carissima e stim.ma Rosanna,
      hai centrato in pieno la tematica attraverso la quale il meridione avrebbe sia il rispetto e riconoscimento sempre negati e sia il mezzo di potersi riscattare sconfiggendo mafia e corruzione. Ai programmi scolastici sul revisionismo meridionale va accorpato anche l’insegnamento della storia della nostra emigrazione: essa emigrazione segna la rivoluzione pacifica tragica e forse ingiusta (fino a tutt’oggi) attraverso cui i meridionali si risollevarono contro un governo ancora iniquo.

    4. Michele Carilli

      E’ bello sentire queste parole dagli addetti ai lavori! gentilissima Rosanna sarebbe bello se, come auspicato da Michele Galimi, le emozioni e le sensazioni provate la sera del 24 u.s. arrivassero anche ai ragazzi delle scuole, sarebbe una piccola rivincita da parte di chi , come me, non ha avuto la fortuna di avere dall’altra parte della cattedra professori liberi di mente e di pensiero!

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