• Le lettere di Bellini all’amico Francesco Florimo e alcune “rivelazioni” sull’epistolario del 1882
    di Michele Domenico Manferoce*
    09/12/2022 | Michele Domenico Manferoce

    CINQUEFRONDI - In questi ultimi anni ho avuto modo di leggere alcune pubblicazioni di Carmelo Neri su Vincenzo Bellini, il famoso “Cigno di Catania”, e ora trovo ancor più ricco di interesse e di novità un suo recente lavoro dal titolo Lettere di Vincenzo Bellini a Francesco Florimo (1828-1835), pubblicato da Algra Editore – Viagrande (CT). È un bel volume di quattrocento pagine, con una pregevole prefazione del Professore Constantine P. Carambelas-Sgourdas di Atene, seguita da una lunga nota introduttiva, e da centodieci lettere, distribuite in ordine cronologico, indirizzate da Bellini al più illustre figlio di San Giorgio Morgeto.

    Per meglio approfondire l’argomento trattato, l’autore ha corredato la sua scrupolosa trascrizione dei singoli documenti con un minuzioso apparato critico, in cui sovrabbondano note storiche ed esplicative, opportuni chiarimenti linguistici, precisazioni e curiosità varie, e frequenti rimandi e confronti con quanto si legge nella prima edizione dell’epistolario belliniano, curata da Florimo nel 1882.

    L’introduzione, scritta in maniera semplice e scorrevole, è dedicata soprattutto a un attento esame della raccolta anzidetta; di essa occupandosi, Neri ha fatto un’importante scoperta, e, per primo dopo centoquarant’anni, è riuscito a dimostrare con prove inconfutabili che la stesura delle lettere di Bellini, consegnate per la pubblicazione all’editore Barbera di Firenze, fu compilata da Michele Scherillo (1860-1930), un collaboratore non privo di talento, ma non all’altezza dei difficile compito assegnatogli da Florimo. Da parte sua, quest’ultimo, giunto alla veneranda età di anni ottantuno, e con problemi di vista, non era più in grado di applicarsi da solo a una fatica tanto impegnativa, e, avendo accettato il consiglio di alcuni amici di far stampare quell’epistolario, per la copiatura degli autografi fu costretto a incaricare altri.

            

             A tale iniziativa editoriale fu indotto anche dalla speranza che quella pubblicazione, che includeva altre memorie belliniane, gli avrebbe fatto guadagnare un po’ di denaro per la realizzazione del monumento a Bellini, che ancora oggi si ammira a Napoli nella piazza intitolata al grande musicista siciliano.

    Il vecchio bibliotecario del San Pietro a Majella, persuaso di aver fatto una buona scelta, si fece sostituire dal ventunenne Scherillo, che ricevette da lui non solo il compito di ritrascrivere le lettere di Bellini, in precedenza copiate da Cesare Dalbono, ma anche quello di revisionare i testi. Florimo gli raccomandò di omettere taluni periodi contenenti rimproveri (inclusi quelli a lui rivolti), parole offensive, espressioni un po’ crude, e anche di tagliare interi paragrafi il cui contenuto era meglio non far conoscere, e altri nei quali il suo amico Vincenzo parlava di persone, i cui discendenti ancora in vita avrebbero potuto non gradire che i nomi dei loro antenati, e le vicende in cui furono coinvolti, finissero in pasto alla pubblica curiosità.

    Foto di Florimo donata a Francesco Cilea “in segno di amicizia”, in data 15 gennaio 1887.

    L’inesperto Scherillo, approfittando della libertà che gli fu concessa, aggiunse poi del suo, assoggettando tutte le trascrizioni a innumerevoli e bizzarre modifiche, e decise anche di migliorarle nella forma per renderle più leggibili, e prive di inesattezze e di altre imperfezioni. Pertanto, come Neri ha chiarito nel libro, il giovane Michele ebbe anch’egli una grave responsabilità in quella dilettantesca raccolta epistolare, che ancora oggi procura a Florimo molte critiche.

    Il monumento a Bellini, opera dello scultore Alfonso Balzico, inaugurato nel 1886. Oggigiorno è privo delle belle statuette un tempo situate nelle nicchie del piedistallo, e delle aggiunte metalliche che si osservano in questa riproduzione (Dal volume Omaggio a Bellini, Catania, 1901).

             L’uscita del volume Bellini Memorie e lettere, come era inevitabile, ha messo in rilievo anche una cospicua mancanza di lettere indirizzate a Florimo nel periodo dal 1829 al 1833; poiché tale “vuoto” riguarda i cinque anni in cui il suo amico ebbe una relazione amorosa con Giuditta Turina, una donna sposata, è logico pensare che quella dispersione sia avvenuta (forse su richiesta dello stesso Bellini) per prevenire l’eventualità che quegli autografi, contenenti spesso confidenze intime e altre notizie che dovevano restare segrete, in caso di furto o di altro incidente potessero finire in cattive mani.

             Lo storiografo calabrese, accusato di avere bruciato numerose lettere dei Bellini, di averne alterate altre, e “falsificate” due anche con «materiale di sua invenzione», ha trovato in Neri, che ha un’ottima conoscenza dell’epistolario belliniano, un provvidenziale difensore della sua innocenza, perché è riuscito a dimostrare con prove indubitabili che talune delle accuse suddette mancano di fondamento, come nel caso della presunta “falsificazione” delle due lettere sopraindicate.

    Se tuttavia è vero che Florimo, come tutti noi poveri mortali, è incorso in alcuni errori (compreso quello di avere accordato troppa fiducia a Scherillo), è altrettanto innegabile che stato un uomo straordinario, a cui si riconoscono benemerenze straordinarie, e come tale merita straordinaria indulgenza. Accade invece che si continua a diffamarlo, addebitandogli addirittura colpe che non ha mai commesso.

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    * Ho avuto il piacere di conoscere il Prof. Carmelo Neri diversi anni fa, quando, avendomi contattato per via del mio cognome Manferoce / Manfroce, mi parlò del musicista Nicola Antonio Manfroce, nato nel 1791, e morto nel 1813. Si era occupato di questo mio antenato in una tesi di laurea, assegnatagli dal Prof. Salvatore Pugliatti, e discussa nel 1968 presso l’Università di Messina. Parlandomi del geniale compositore di Palmi, che frequentò a Napoli l’antico Conservatorio della Pietà dei Turchini, e in seguito il Collegio di San Sebastiano, mi ha fatto meglio comprendere la sua importanza storica, come valido precursore di Rossini. Neri mi è stato ancora di grandissimo aiuto quando, circa dodici anni fa, ho pubblicato in rete un apposito sito su Manfroce, che ancora è possibile consultare al seguente link:   https://nicolaantoniomanfr.wixsite.com/manfroce?fbclid=IwAR2xUHpdorkQv5P0ywcAH6hVThdkW3gryaqjw8nTxoZuRAlEwG96T40UqZ8