(www.larivieraonline 01/03/2015 Jim Bruzzese) - È quando attraversi il traforo della Limina che comprendi l’indifferenza delle istituzioni verso la vita delle persone. Alzi i finestrini, chiudi il bocchettone per il ricambio dell’aria e, quasi in apnea, provi a superare i tremilacinquecento metri più brutti d’Italia. Abbandono, muffe, gas di scarico e buio pesto comandano all’interno del luogo sconsacrato che collega la Piana di Gioia Tauro alla Locride. Entri e non sai se esci. Trecentomila abitanti, solo di questi due territori, rischiano la morte almeno tre volte l’anno. La scorsa settimana l’ennesimo morto. Dopo la strage di Novembre che ha registrato una delle tragedie del secolo all’altezza di Cinquefrondi, si pensava che qualcuno intervenisse per mettere in sicurezza i tantissimi punti mortali della Jonio Tirreno.
Promesse e solidarietà hanno fatto, invece, da apripista a un’altra tragedia annunciata. Il becchino è tornato a lavoro dopo una breve pausa. E il becchino torna sempre dove non esiste nessuna forma di rispetto per i morti innocenti. Ogni volta la stessa cosa, la notizia agghiacciante è ormai settimanale: incidente sulla Limina. Lo stomaco si stringe, il cuore si ferma. Speri che il morto non lo conosci. Stavolta è toccato a un signore anziano, ma prima di lui, lì nella Limina, dove rivive Caronte, si è pagata tanta vita, giovane e matura. Famiglie intere. Ma nessuno interviene.
Lo stato in Calabria esiste solo per la ‘ndrangheta, come se la ‘ndrangheta lo affrancasse da tutti gli altri doveri, da lutti e condoglianze. I suoi avamposti, specie in provincia di Reggio, vivono di sponsorizzazioni e comparaggi. Una rotonda qui, uno spartitraffico lì, un palazzetto dello sport, un gabbione di consolidamento, un teatro da consegnare, una buca da scavare e un’altra da riempire. Ruspe, motopale, camion che sciamano da tutte le parti, come api della Tanzania, a vuoto, con fatture gonfiate, mazzette e salsicce nei cofani per funzionari e facilitatori. Il Corsecom nei giorni scorsi, attraverso un comunicato stampa, ha denunciato che «l’attuale sistema viario della galleria non risponde ai requisiti europei che prevedono che quando la stessa supera la lunghezza di un kilometro e 800 metri ci siano due “canne”, una per ogni senso di marcia».
È un miraggio, due canne per la gente della Locride e la Piana equivalgono a una suite per gli scimpanzé. Qui siamo subumani, e tali resteremo, per l’Europa e per la nazione a cui apparteniamo con status e complessi, entrambi d’inferiorità. Ma non solo lo Stato, l’Europa, la regione, la provincia. C’è un post di un utente di facebook il giorno dopo l’ultimo incidente mortale che diventa una testimonianza e sposta l’attenzione su quei guidatori senza scrupoli, quelli che sulle macchine si sentono fenomeni e che nessuno ferma: «Siccome muoiono già poche persone sulla strada Jonio-Tirreno, oggi due macchine blindate mi sorpassano nella galleria della Limina… grandi e bravi ottimo esempio». E i controlli e i tutor? Schegge nere continuano a increspare l’asfalto della Jonio-Tirreno, ombre di grossa cilindrata, fiorini, furgoni di rappresentanza, sfrecciano indisturbati, oltre ogni limite di velocità e buon senso. Distruggeranno la pace di altre famiglie, la loro vita.
Quella strada va presidiata in tutte le ore. Ci sono bestie con lo sterzo in mano, il cellulare nell’altra, il piede destro a tavoletta sull’acceleratore, che si buttano a palla in discesa, lungo una strada nata vecchia già trenta anni fa. Intanto si appaltano nuove strade: pedemontane, tangenziali, si pagano progetti per altre superstrade che non si faranno mai.
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