• Per il caro carburante, tre sospetti fanno una prova. Ma la vittima è sempre predestinata: il cittadino
    24/03/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    NON SI TRATTA di aumenti strutturali come li si vuole spacciare. E peraltro si subodora che possano esser del tutto ingiustificati. Gli aumenti che i carburanti hanno subito negli ultimi 12 mesi a tutto discapito dei cittadini consumatori paiono una corsa senza ostacoli ma soprattutto senza freni. Ed ecco che fare un pieno oggi costa mediamente circa 400 euro in più rispetto all’anno precedente. Ancor più sconcertante se si pensa che  i prezzi record dei carburanti (+18,0% annuo a febbraio, +54,1% dal minimo di inizio 2009) hanno fatto restringere i consumi di circa l’11%.  Una voce che incide certamente pesantemente nelle già desolate tasche degli italiani ma che paradossalmente faranno aumentare gli introiti statali, che tra accise e tasse come spiegano le associazioni dei consumatori, stimano che lo Stato incasserà 9,8 miliardi di euro all’anno grazie proprio all’aumento dei costi. Ma renderanno altrettanto più allegri i profitti delle multinazionali del settore che almeno senza un apparente plausibile motivazione, gareggiano instancabilmente  ell’alzare l’asticella dei prezzi alla pompa, pur in tempi di recessione.

     

    Ma a questo proposito ci si domanda se il misterioso quanto incomprensibile laissez-faire sul tema da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia, dell’Antitrust e dell’Autorità Garante per l’Energia sia solamente casuale o magari questo tardivo risveglio sia rimandato solo ad una inquietante data da destinarsi. A volerci capire di più ci ha pensato la Procura della Repubblica di Varese che allertata da un quanto mai provvidenziale esposto del Codacons ha attivato la Guardia di Finanza per avviare accertamenti sui prezzi della benzina, per verificare l’esistenza di eventuali illeciti. E proprio Le Fiamme Gialle si sono recate nelle sedi delle principali compagnie petrolifere italiane, a Roma, Milano e Genova per acquisire varia  documentazione per il monitoraggio del caso, ipotizzando che le compagnie, che stanno di fatto erogando un pubblico servizio, concretamente stiano realizzando un illecito per manovre speculative di merci. Al momento non ci sono indagati, ma tra una decina di giorni, quando la Procura avrà le risultanze delle comparazioni nonché delle giustificazioni addotte dalle stesse compagnie circa il vertiginoso aumento dei prezzi, potrebbero esserci dei risvolti. A volerne pensar male a questa vicenda si possono dare più interpretazioni. La prima, riguarda il fresco decreto sulle liberalizzazioni che  lascia, tra l’altro, libertà di rifornimento a decorrere dal 30 giugno 2012 per i gestori di impianti di distribuzione titolari anche dell’autorizzazione petrolifera, di potersi liberamente rifornire da qualsiasi produttore o rivenditore, per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura complessivamente pattuita.

     

    E fino ad allora ciascuno si senta libero di farsi il prezzo al rialzo che vuole. La seconda concerne il fatto che lo Stato, attraverso i suoi organi di controllo (Ministeri ed Authority), rimanga  dormiente in attesa, come poi è avvenuto di un provvidenziale intervento “a surroga” della Magistratura, quasi per lavarsene le mani. E la terza, che potrebbe essere la più intimamente spiacevole, consiste nel fatto che da questi aumenti, proprio lo Stato ne ricavi un surplus di raccolta di fondi attraverso imposte ed accise, che servano per ripianare i conti perennemente in rosso del suo fagocitante fabbisogno. A pensar male si farà peccato però ecco spiegato come, nella regola del sospetto, prenda sempre più corpo il motto che vuole che tre indizi facciano una prova. E se gli attori cambiano, i perseguitati rimangono pedissequamente i predestinati cittadini.