POLISTENA – Compie cent’anni nonno Vincenzo Napoli e circondato dall’affetto di figli, parenti e nipoti racconta così alla città il suo secolo di esperienza e di grande umanità. Di un’altra stoffa, di un’altra tempra si direbbe. No, solo la capacità di cogliere le sfide della vita e di fare tesoro del proprio vissuto tanto da distribuire questo prezioso carico di consapevolezze e memorie alle generazioni che si sono succedute. Famiglie numerose di lavoratori (lui il quarto figlio di sette tra sorelle e fratelli, ndr) di quella gente del sud che badava al sodo senza perdersi nei fronzoli di inutili cerimoniali che prevedevano peraltro ruoli certi e tanta necessità di sbarcare il lunario: era questa l’istantanea della stantia società italiana a poco più di cinquant’anni dall’unità che era possibile fotografare al tempo di nonno Vincenzo che, nato domenica 2 gennaio del 1916, sin da subito e senza sconti ha dovuto misurarsi con la dura realtà del suo tempo. La terra come primo approccio al mondo del lavoro che, soprattutto all’epoca, prevedeva una gavetta che non risparmiava la fanciullezza quindi lo scorrere veloce degli anni della giovinezza che impetuosamente lo porta dritto all’altare appena ventenne al cospetto di Maria Mileto con cui ne trascorre trentasei di matrimonio e dalla quale felice unione riceve la benedizione di quattro figli – due maschi e due femmine, con la tragica perdita di uno di essi – che hanno costellato una esistenza costruita sui valori sani dell’onestà, della rettitudine e del concreto lavoro quotidiano. Non sfugge però agli orrori della guerra, il giovane soldato Vincenzo, chiamato ad imbracciare le armi nel corso del secondo conflitto mondiale sul fronte jugoslavo. Un momento crudele e doloroso il suo ricordo della cattura e della prigionia a cui riesce a fortuitamente a sfuggire grazie a mille peripezie e ad incamminarsi sulla via della salvezza che conduce alla sua Polistena dopo trentuno giorni di rischioso peregrinare nello scenario devastante della barbarie nazifascista in Italia. A trentaquattro anni una nuova sfida ed allo stesso tempo una nuova incognita: è chiamato a fare i conti con la piaga emigrazione ed a vivere il distacco dalle proprie radici perché la sua terra natia non lo conforta abbastanza con un lavoro che riesca a fargli sfamare con la migliore dignità possibile la propria famiglia. Si imbarca perciò a bordo di un piroscafo con destinazione l’altra parte del mondo, in Australia, a cercare fortuna prestando le braccia come operaio alla compagnia nazionale per la costruzione delle ferrovie e come non bastasse – nei ritagli di tempo e per abbreviare quest’esilio forzoso – dedicandosi a fare il giardiniere per arrotondare il salario. Sette anni a coltivare sogni lontano dai propri cari nell’attesa che la fatica del lavoro lo premiasse con i frutti del risparmio, quindi, il ritorno a casa nell’amata Polistena a riprendere l’antico mestiere di agricoltore con la certezza solo la passione per la terra poteva – allora come ora, senza se e senza ma – permettere la necessaria sussistenza all’uomo. Dopo la scomparsa della diletta moglie (e salute permettendo) ha sempre voluto gestirsi da solo conducendo una vita sobria compiuta nell’abbraccio affettuoso di quella stirpe gioiosa che la vita gli ha concesso in dote, quasi in segno di riscatto, per le difficoltà patite. La stessa famiglia che oggi, benevolmente, lo ha accompagnato a tagliare – con i rituali meritati festeggiamenti a cui non ha voluto mancare il sindaco Michele Tripodi in rappresentanza della città – il traguardo ragguardevole del secolo di vita. Allora, cent’anni di auguri nonno Vincenzo.
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Polistena festeggia i 100 anni di nonno Vincenzo NapoliNato nel 1916, vedovo da oltre quarant'anni si gestisce ancora da solo. Una vita spesa tra lavoro e famiglia02/01/2016 | Edicola di Pinuccio | Giuseppe Campisi