• La lotta alla corruzione passa soprattutto attraverso la riforma della prescrizione (ma non solo)
    18/05/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    PIU’ VOLTE CI SIAMO OCCUPATI delle malversazioni che infestano la pubblica amministrazione creando dipendenza negativa ad un certo modus operandi che viaggia a braccetto con una malcelata infedeltà. Ma l’argomento risulta perennemente attuale, se le cronache di questi giorni ci evidenziano una lotta intestina in seno alle aule parlamentari per il contenimento del disegno di legge anti corruzione che viene alla bisogna riesumato e con la stessa periodica ciclicità regolarmente obliato. Il tema della lotta alla corruzione è tornato al centro del dibattito politico anche a causa di una recente stima della Corte dei Conti secondo cui, la corruzione costerebbe all’Italia 60 miliardi di euro l’anno, nonché alla pubblicazione, lo scorso dicembre, dell’annuale rapporto dell’associazione  Transparency International, che basandosi su interviste a uomini d’affari ha inteso indagare su qual sia il grado di corruzione percepita, materia  in cui l’Italia va sempre malissimo. La verità è che il famoso disegno di legge “anti-corruzione” in discussione presso la commissione giustizia della Camera dovrebbe avere la massima urgenza e priorità.

    Ma seppure in discussione dal lontano 2009  nessun risultato concreto è ancora stato ottenuto. E’ vero che questo come altri temi concernenti la giustizia sono argomenti che suscitano una certa irritazione soprattutto per la parte politica che fa capo a Berlusconi, la cui refrattarietà è dato storico che continua a rinsaldare gli animi della contrapposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani in auge in questi ultimi venti anni. Ma se veramente ci fosse la volontà politica per una riforma complessiva dell’istituto la vera radicale novità dovrebbe consistere nella rivisitazione della prescrizione. Citiamo a tal proposito uno scritto del giornalista Tommaso Canetta qualificato in materie giuridiche il quale  scrive “….prevedere una nuova disciplina dell’interruzione del termine di prescrizione. Sarebbe questo ad avere  un impatto determinante sulla lotta alla corruzione. Una delle distorsioni evidenti del sistema attuale, segnalata da diversi operatori del diritto, sono le tattiche dilatorie degli avvocati che mirano a far scadere il termine. Queste non avrebbero più senso in un sistema che sospende la prescrizione con l’incriminazione, o al compimento di un qualsiasi atto processuale. Anche il carico dei procedimenti sui tribunali risulterebbe alleggerito. Non potendo sperare nella prescrizione durante il corso del processo, molti imputati troverebbero conveniente accedere ai riti alternativi, che impiegano meno risorse del sistema giudiziario e in cambio concedono delle riduzioni di pena agli imputati che vi ricorressero. Regolando meglio la prescrizione sarebbe possibile velocizzare i tempi della giustizia in Italia, spesso condannata in Europa per la durata eccessiva dei processi. La persecuzione della corruzione – la cui disciplina complessiva è comunque un bene che venga rivista – diventerebbe più agevole e si otterrebbe un effetto deterrente. Meglio, si eliminerebbe la quasi certezza dell’impunità per corrotti e corruttori.

    Dunque, come si fà a governare un grande Paese come il nostro se le regole appaiono e sono troppo spesso evanescenti ed opache e se l’impunità mostra il lato migliore di sè lasciando immaginare che con essa ci si possa sposare con fin troppa facilità posto che il rischio condanna è rilegato troppo oltre sotto la soglia della ragionevole immaginazione? Se non si interviene con risoluta immediatezza sulla materia il paradosso che ne potrebbe derivare, potrebbe esser rappresentato dalla difficoltà di dar torto ai malfattori.