• La Calabria ai tempi di Wikileaks. I balbettii della politica regionale nei cablogrammi del console americano
    05/09/2011 | (br. gem.) | Calabria Ora

    CATANZARO – Julian Assange, quando irruppe nel sito Wikileaks svelando i contenuti dei cablogrammi dell’amministrazione americana trasmessi dalle varie sedi diplomatiche sparse in tutto il mondo, fu bene accolto dalla comunità internazionale, ovvero dal villaggio globale che guarda con favore la libertà cibernetica. Poi subì i contraccolpi della giustizia che lo braccò e gli chiese conto del suo operato di “delatore” dei segreti di Stato e di divulgatore di tutto ciò che si osserva dal buco della serratura del web. Dopo un periodo di tregua, a seguito delle sue disavventure giudiziarie, i suoi cablogrammi sono ritornati a riempire la curiosità mediatica del pianeta. Da qualche giorno sono stati resi pubblici 251.287 cablogrammi, in pratica l’intero archivio di documenti riservati della diplomazia Usa. Che sono consultabili online con l’aiuto di parole chiave, senza tagli, censure e password di protezione. Queste traduzioni sono state rilanciate dai vari siti che hanno avuto la possibilità di decodificarli. Alcuni cablogrammi riguardano la Calabria. In realtà alcune notizie sono apparse già nel gennaio scorso, ma ora – come dire? – l’opera si arricchisce di altre informazioni che, è bene ribadirlo, vanno prese con le pinze perché sono notizie che rimbalzano e che vengono attribuite agli esploratori del web. La parte calabrese riguarda le osservazioni del console generale Usa di Napoli, J. Patrick Truhn, il quale tra il 2008 e il 2009 fece visite istituzionali in Calabria. Di seguito alcuni stralci delle lunghe corrispondenze consolari. Commenti sulla ndrangheta «Le domande del console americano mettono in imbarazzo i politici calabresi e anche Confindustria, che non vuole espellere chi paga il pizzo. Nei cablo del consolato Usa a Napoli rilasciati da Wikileaks, il racconto impietoso dei mali di una terra che può, anzi deve salvarsi. “Anche grazie al lavoro di magistrati coraggiosi”. La ndrangheta fa paura agli Stati Uniti. Il 31 maggio 2008 il Governo Bush l’ha inserita nella blacklist dei narcotrafficanti stranieri più pericolosi al mondo. Più pericolosa di Cosa Nostra. Nella serie di tre cablogrammi sulla criminalità organizzata che l’ex console generale americano a Napoli, J. Patrick Truhn, ha firmato tra il 4 aprile e il 6 giugno 2008 – che il sito AgoraVox ha riportato l’altro ieri – la ndrangheta è classificata come “la più pericolosa di tutte” le mafie. Così a dicembre dello stesso anno il console Truhn ha iniziato la prima parte di un viaggio (che è proseguito nell’aprile del 2009) tra le province della Calabria, alla scoperta dei mali di “una regione in cui abbiamo tradizionalmente avuto poca influenza”». Truhn parla con Loiero «Il viaggio di Truhn inizia a Catanzaro. Il primo ad incontrare il console è l’allora presidente della Regione, Agazio Loiero. Non è stato facile organizzare il colloquio: Loiero ha “declinato” le richieste di un incontro del consolato “per tutto un anno”. Poi ha ceduto, e quando alla fine il console riesce a essere ricevuto, lui invece di spiegare come intende debellare la ndrangheta, si mette a piagnucolare: “Loiero si è lamentato dell’immagine negativa della regione e ha fatto osservare che la criminalità organizzata, i mercati relativamente inaccessibili e le infrastrutture carenti contribuiscono a scoraggiare gli investimenti nella regione. Il rischio percepito elevato di investire in Calabria ha significato anche tassi di interesse più elevati per gli imprenditori”. Truhn, allora, gli chiede come pensa di risolvere questi problemi. Domanda impertinente. Il console riferisce impietoso: “Tuttavia, Loiero non è stato in grado di offrire qualsiasi soluzione di difficoltà a parte concedere prestiti a tasso agevolato alle piccole e medie imprese con i fondi strutturali dell’Unione europea della regione”». A Vibo Valentia bocche cucite «La tappa successiva è Vibo Valentia. Il console americano viene ricevuto dalle autorità. E ne rimane sbigottito: né il sindaco della città né il presidente della provincia vogliono parlare di ndrangheta. Alle domande di Truhn rispondono infastiditi e glissano. Come se fosse un male da minimizzare. Come se avessero qualcosa da nascondere». Gioia Tauro capitale di ndrangheta «Ad aprile Truhn torna a Reggio. Incontra Nicola Gratteri, il magistrato antimafia più famoso della regione, che gli parla, ancora una volta, delle difficoltà delle investigazioni anti ndrangheta, delle risorse che mancano, della cattiva amministrazione del sistema giudiziario. Ma soprattutto gli parla di Gioia Tauro, il porto di mafia più famoso d’Italia dove transita l’80 per cento della cocaina prodotta in Colombia. Anche se Gratteri non ci sta a far passare Gioia Tauro come la “porta d’accesso principale” per la droga in Italia: “La ndrangheta gestisce traffici di droga in tutti i porti d’Italia e in diversi porti europei”, dice il pm al console».