REGGIO CALABRIA – Come già successo in passato, anche per il procedimento che dovrebbe portare alla realizzazione di un impianto di pirolisi, la popolazione della Piana di Gioia Tauro è tenuta totalmente all’oscuro, senza alcun coinvolgimento e sua partecipazione attiva alle scelte che la riguardano, come è contenuto nella Convenzione di Arhus. L’impianto a pirolisi che dovrebbe sorgere a San Ferdinando nel capannone industriale ex Atlante non è altro che un terzo inceneritore, che usa tecnologie ancora a livello sperimentali e che aumenterà le conseguenze nefaste che tutti i giorni riscontriamo nella Piana di Gioia Tauro sotto forma di neoplasie ed aumento incontrollato delle malattie respiratorie. E’ provato scientificamente, infatti, che una concentrazione di impianti inquinanti produce a cascata una concentrazione di sostanze chimiche che influenzano negativamente l’ambiente circostante. Più volte è stata denunciata l’assenza di un Registro Regionale e Provinciale dei Tumori che possa monitorare la salute dei cittadini e fornire agli stessi amministratori uno strumento indispensabile per valutare con più accuratezza gli investimenti che rischiano di incidere negativamente sulla salute della popolazione.
Da una prima analisi effettuata grazie alla documentazione depositata e visionata in Provincia, è possibile riscontrare che la volontà della TGE International, una società per azioni con socio unico, pare sia quella di infischiarsene delle prescrizioni che la Provincia di Reggio Calabria ha dettato allorquando concesse il 13 febbraio 2013 una prima autorizzazione al solo conferimento di materiale speciale non pericoloso. Due sono gli esempi emblematici che lascerebbero intendere la volontà della Tge di raggirare ancora una volta le prescrizioni tecniche. Infatti, pare che non sia stato ottemperato il versamento della garanzia fidejussoria pari a 441.000 Euro nei tempi prescritti ed i codici CER che certificano il materiale trattato in ingresso non corrisponderebbero alla documentazione presentata dalla TGE, vedi ad esempio plastica e gomma. Con l’impianto di pirolisi, vi è un processo di combustione ed emissione di gas nocivi, nonchè di scorie da smaltire e di nanopolveri, ovvero di polveri fini denominate PM 2,5 impossibili da trattenere con qualunque filtro. I lati oscuri sono moltissimi. Resta senza risposta la fine che faranno i metalli pesanti inevitabilmente rilasciati da un processo simile, così come resta misteriosa la sorte degl’inquinanti che saranno con ogni probabilità generati e che variano a seconda di quali rifiuti si stiano di volta in volta trattando. L’elevata concentrazione nella Piana di Gioia Tauro di impianti inquinanti, vedi il progettato rigassificatore più grande d’Europa, l’inceneritore in fase finale di raddoppio e la centrale a turbogas di Rizziconi a pochi chilometri di distanza realizzata in presenza di Via negativa, che analizzati singolarmente sembra emettano fumi e sostanze nocive che non superano la soglia concessa dalle normative vigenti, preoccupa parecchio e ci pone di fronte ad un problema molto serio a garanzia della salute pubblica, perché non è dato sapere complessivamente quale è la qualità dell’aria che respiriamo. Per le sue caratteristiche, si presume che anche l’impianto di pirolisi passi al vaglio di una rigorosa VIA (Valutazione d’Impatto ambientale) che a prescindere dal risultato finale non riteniamo sufficiente a rassicurare il territorio saturo di impianti pericolosi. In virtù di tutto ciò, chiedo formalmente una moratoria generale a Provincia e Regione affinché non procedano ad autorizzare alcun tipo di impianto produttivo, sino a quando, per le implicazioni territoriali che ne conseguono, la Piana di Gioia Tauro non verrà sottoposta a VAS (Valutazione Ambientale Strategica). L’obiettivo della direttiva VAS è di garantire un elevato livello di protezione complessivo dell’ambiente e la Calabria che è già esportatrice di energia, non ha bisogno di una fabbrica dispensatrice di ulteriori disastri ambientali senza alcuna pianificazione energetica nazionale e regionale.