• Elettrodotto Sorgente-Rizziconi, 700 milioni “buttati”
    20/04/2015 | www.corrieredellacalabria.it

    LAMEZIA TERME –  In Italia sembra non ci sia mai limite al peggio quando si inizia a misurarsi con la costruzione di infrastrutture. Non va meglio se si parla di scambiare il vecchio con il nuovo, quindi di innovazione, e neppure se si focalizza l’attenzione sul Sud. Tra Calabria e Sicilia c’è un esempio forse ancora poco noto, ma di cui di sicuro si sentirà parlare. Perché l’opera è ambiziosa, capace di sostituire 170 chilometri di vecchi linee elettriche – determinando notevoli abbassamenti dei costi – ma, come tante, è ferma al palo. Il nuovo elettrodotto di Terna per la trasmissione di energia elettrica, però, non è un’incompiuta come tante. Nasce con i migliori propositi per collegare (energeticamente) la Sicilia con la Penisola, tra Sorgente e Rizziconi, in Calabria, e per permettere agli utenti di sollevarsi dai 600 milioni di costi sostenuti all’anno (l’investimento è di 700 milioni).

     

    Per raggiungere l’obiettivo, l’elettrodotto ha preso le sembianze di un “gigante buono” (105 chilometri di lunghezza, di cui 38 al di sotto del livello del mare), che aveva convinto, nel 2010, il ministero dello Sviluppo economico e amministratori locali. Dopo tre anni di e mezzo di concertazione e più di un centinaio di tavoli, sembrava insomma che il più fosse stato fatto, e che ci si trovasse a due passi dall’inaugurazione. Così non è stato, perché la Magistratura di Messina, in seguito alla denuncia di un’associazione, ha ordinato il sequestro di uno dei pali, quello situato sul crinale di Monte Raunuso a Saponara, in provincia di Messina. Un nuovo blocco, che si è aggiunto a quelli di un iter già di per sé lunghissimo. Non solo.

     

    La Regione Sicilia ha adottato un nuovo piano paesaggistico con nuovi vincoli che, di colpo, ha reso quelli prima esistenti – su cui era stata basata la costruzione dell’elettrodotto – completamente fuori norma. Secondo l’associazione firmataria della denuncia, dunque, l’opera non dovrebbe più realizzarsi. Con il beneplacito dei 700 milioni spesi e, inoltre, dei 4 miliardi che l’Italia avrebbe evitato di pagare se l’opera fosse stata completata nei tempi previsti senza rimanere ingessata nei cavilli della burocrazia.