• Cinquanta anni e disoccupati. Da un lettore una riflessione: “NoTav, Foibe, Shoah. Ma c’è qualcuno che parli di chi non ha nemmeno gli occhi per piangere?”
    13/02/2012 | Mario | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI – Merita un post, e anche molto di più, la lettera di Mario, un lettore che vive fuori Cinquefrondi e solleva una quantità di veri e seri problemi. A cominciare da quelli legati alla crisi che colpisce se possibile più duramente regioni come la nostra. Siamo grati a Mario per le cose che dice dell’Edp, ma soprattutto per aver voglia di raccontare con dignità e coraggio (e senza il minimo tono lamentoso) il punto di vista di una famiglia come tante: come le nostre, come quelle dei nostri vicini di casa. Inguaribilmente illuministi, pensiamo che quella di Mario sia una nuova occasione per una discussione, qualcosa che ci permetta di ragionare e apprendere. Chissà che facendo cose del genere un giorno Cinquefrondi e la Calabria non si scoprano capaci di prendere in mano il proprio destino, e costruire (se non per noi almeno per i figli di Mario e nostri) una realtà un po’ più giusta ed equa. 

     

    “Carissimi, è da tempo che rifletto su quello che giornalmente leggo e vedo sull’Edicola. La cosa che mi permette di farmi un idea è la pubblicazione di vari articoli che spesso trattano lo stesso argomento ma su posizioni diverse, ed è proprio questo che più apprezzo di voi: permetterci di farci un idea del mondo dell’informazione, della politica, della cultura, ecc. Detto questo mi presento. Mi chiamo Mario, sono di Cinquefrondi ma abito fuori provincia e vivo il mio paese di nascita, come tanti, grazie a voi e con qualche sporadica visita. Sono disoccupato da oramai 2 anni, mi sto avvicinando ai 50 e capite bene che il fatto di vivere questa situazione assume un peso non indifferente. Mia moglie da due mesi mi fa allegramente compagnia, insieme ai miei 3 figli, al mutuo, alle bollette, ai termosifoni che rimangono chiusi, alla macchina che rimane in garage, e senza voler essere penoso, a tutto quello che un tempo c’era ma che adesso rimane solo un ricordo”.

     

    “Mi voglio spingere oltre, mio figlio (7 anni) inizia a fare domande sempre più precise alle quali cerco di dare sempre una risposta con la dovuta attenzione. Pochi giorni fa però mi chiede: “Papà devo fare un tema per descrivere la mia famiglia, che lavoro fate tu e la mamma?”. Dire che ti cade il mondo addosso è forse troppo poco, e a quel punto che fai? Cerco di prendere tempo ma poi sono costretto a mentire e immaginando che nulla sia successo in questi anni rispondo come se questa domanda me l’avesse fatta tre anni fa. Gli altri due vivono il periodo per loro più bello, uno vive il passaggio dall’adolescenza alla maturità, l’altra è all’università, e certo che è importante non fargli mancare niente, non puoi negargli di costruirsi il suo futuro. Mio padre ha fatto lo stesso, e chi se lo scorda”.

     

    “Ma come fare? Basta poco, vai dal notaio e vendi seduta stante un piccolo terreno che mio nonno ha lasciato a mio padre e lui a me, così, un semplice colpo di penna, e anche quel prezioso legame svanisce. L’ho fatta troppo lunga, arrivando al dunque, torno alla riflessione che è anche una domanda. Vedo che la politica locale (tralasciando quella nazionale) è sempre attenta a ciò che si muove intorno a loro varcando spesso anche i confini, parliamo della Giornata della Memoria, ricordiamo le foibe; ci preoccupiamo dei NoTav, del rigassificatore, dell’inceneritore, dei migranti che vengono accolti ma bastonati nello stesso tempo, tutte cose che ci interessano e mi interessano perché questo mi hanno insegnato: mantenere sempre alta l’attenzione”.

     

    “Mi interessano le domande che si pone Giulia e ancora di più la non-risposta delle istituzioni, mi interessa farmi una passeggiata in Villa, quando capita, e rimanere a bocca aperta per quello che vedo, e non capire perché nessuno si chiede come mai è combinata così. Ora tutto legittimo, ecco la domanda: ma di noi silenziose vittime (consapevoli?) di questa selvaggia economia, di noi migliaia di laureati, diplomati, operai, che non riusciamo neanche più a piangere e che calpestiamo la nostra dignità andando di nascosto alla Caritas, che ogni sorriso finto ai nostri figli è una pugnalata, nessuno parla? Nessuno organizza dibattiti? Nessuno reagisce? Si nessuno”

     

    “Io chiaramente non mi chiamo Mario e ne tantomeno voglio che questo mio sfogo venga pubblicato integralmente, perché non avrebbe senso, vorrei solo che scriveste di chi oramai a stento sopravvive, e che i Mario sono tanti, lasciati soli perché a 40/50 anni non servi più”.

     

     


     
  • 7 commenti

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    1. Giulia

      Come ti capisco, anche tu come il mio papà non ha scelto di andare a rubare, spacciare, uccidere, ma si accontenta di piccoli lavoretti e senza chiedere agli ndranghetisti il favore di lavorare divenendo così ricattabile ( ma non giudico chi lo fa ), continuando a non avere gli occhi per piangere come dici. E’ un dramma senza fine. Un lavore restituirebbe dignità a tutti quelli come te. Mi riconosco nella tua umanità, condivido la tua lettera “materna” e senza risposta. Un abbraccio fraterno!
      Giulia

    2. M.A.

      Terribile lo sfogo di Mario! Se si è disoccupati da trentenni è un conto ma non quanto perdere il lavoro a 50 , con moglie e figli a carico, e risicate le possibilità di trovarne un altro in alternativa; quando la pensione è soltanto un miraggio lontano nel deserto della società attuale per la quale devi lavorare quarant’ anni e arrivare ad un’ età avanzata (circa 70 ) per conseguirla, se non ci pensa prima lo stress e il Padreterno ad ‘evitartela’…
      Signor Mario, che cosa dire? Ci sono state generazioni fortunate; la sua purtroppo è quella calata in toto in un sistema economico fasullo, che ha visto e vede il capitalismo selvaggio passare sopra il corpo e lo spirito delle genti, considerate non più persone ma robot da sfruttare per un certo periodo, possibilmente breve, e infine buttare via.
      L’aspetto più inquietante è che tutto questo sia spacciato quale favore che si offre loro : ” Ti destìno , se possibile, ad un lavoro precario – è il mercato, bellezza! – però questo consente di aprire il ventaglio delle possibilità di lavoro per te , e tanti altri in attesa..”
      Se poi vai a chiedere un prestito in banca, ecco un secco no: non si ha un lavoro a tempo indeterminato e dunque non si è affidabili!
      Che cosa incombe? Per molti è la rivoluzione ( vedansi i prodromi in Grecia ); può essere molto peggio : la guerra. Ogni crisi economica a livello globale, soprattuto se investe il mondo occidentale, e se diretta e gestita da forze sovra-nazionali occulte, ha avuto in passato questo tipo di sbocco. Per noi tutti, che non sia così!
      A lei, se consente, suggerisco di non abbattersi ; di attivarsi con la fantasia – quale meridionale non dubito che le faccia difetto – per ‘inventarsi’ un’attività alternativa , un lavoro autonomo che ‘tiri’ sul mercato. Qualcosa che inerisca a beni primari o attività indispensabili nella vita comune, e che le dia la possibilità di andare avanti; ancor meglio, che la possa gratificare sotto ogni aspetto.

    3. antonio s.

      leggo e rileggo quanto scrivi, e mi rendo conto quanto ti è costato, però se capisco bene lo scopo di questo tuo sfogo, tu non cerchi aiuto ma ti basta solo che se ne parli. Ma non vuoi che si parli di economia politica o del governo monti , ma che si parli delle persone, una voce dal basso per far sapere che dietro le parole ci sono persone che nonostante tutto camminano a testa alta. Se è questo quello che volevi farci sapere ebbene hai la mia più grande stima, ma credo che il tuo grido rimarrà tra queste grandi mura virtuali.

    4. Rosanna Giovinazzo

      Anche se il “grido rimarrà tra queste grandi mura virtuali”, è già una gran cosa. INDIGNAZIONE: la predico, anche attraverso questo blog, da ancor prima che questa parola assumesse importanza mediatica. La verità, signor Mario, è che manca, in Italia, la giusta coscienza civica e politica. Molte colpe le abbiamo noi cittadini, che abbiamo permesso ad una classe politica incompetente e prepotente di governarci, in nome degli interessi particolaristici dei potentati economici più forti in quel momento. La dignità delle persone è poca cosa per chi ha tutto e per chi pensa di poter comandare a suo piacimento. Basterebbe anche solo un genitore a cui casca il mondo addosso di fronte ad una domanda del proprio figlio sul lavoro di mamma e papà, e basterebbe sempre solo un genitore che è costretto a rivolgersi alla Charitas, perchè, chi ha la responsabilità di governo, si vergognasse. Ed invece no, non si vergognano, anzi se rubano a me, a lei e a tanti altri i nostri denari, magari anche ammettendolo (gli ultimi fatti riguardo i rimborsi elettorali sono più che eloquenti) stanno sempre lì al loro posto, senza provare vergogna alcuna.
      Che dire, signor Mario, che sono con lei, che la mia indignazione è sempre accorata, che, nel mio piccolo, cerco di dare il mio contributo nel campo della formazione dei futuri cittadini, parlando parlando e parlando con i miei studenti di questi problemi che sono così gravi da richiedere un’analisi altrettanto grave.

    5. ang sic

      Nessuno organizza dibattiti sulla povertà che aggredisce le classi medie, grida il signor Mario, e ha ragione, ma forse non è un male, i dibattiti sono spesso rito di autolegittimazione per chi li allestisce e vi interviene, non creano confronto, consapevolezza dei problemi, non smuovono neanche l’aria. E poi, per discutere bene di qualcosa, bisogna averne la sensibilità, le competenze, non voler perseguire un interesse da cortiletto. Affrontare il disagio sociale penso voglia dire mettere in opera un impegno costante, coinvolgere istituzioni, organizzazioni, privati in una rete solidaristica e di promozione della persona, delle sue capacità, delle sue aspettative. Creare possibilità di lavoro, non lavoro pronto e servito, ma condizioni, strumenti, ipotesi forti.
      E poi un’altra cosa. No Tav, rigassificatore, Shoah, foibe. Il punto non è che siano argomenti strampalati su cui ci si dilunga in occasioni pubbliche e magari ci si accapiglia pure. Il problema, in molti casi, è che se ne parla poco e male. Alta velocità e termovalorizzatore (condivido M.A.) parlano di disastri da capitalismo selvaggio, scempio all’ambiente, alla salute, un’utilità tutta da dimostrare. Parlano di noi. Shoah e foibe dicono oggi, a Cinquefrondi, la necessità dell’Altro, il rispetto dell’Altro, ne abbiamo poco, coltiviamo ancora troppa esclusione, pregiudizi, violenza.
      Forse il suo intervento ci farà bene, signor Mario.
      La abbraccio

    6. T.D.

      E’ il concetto della delega che, oggi più che mai, presenta il conto ai deleganti. Pensare che la scelta di chi ci governa e la nostra quotidianeità appartengano a due cose diverse…due strade parallele il cui destino è quello di non incontrarsi mai…….No, cari amici…non è così. E’ questo destino, l’unico a dover essere messo in crisi, ma non potrà mai avvenire per l’impiego di pozioni magiche o apettando che arrivi un nuovo messia. Una rivoluzione democratica è l’unica strada percorribile e questa può e deve avvenire attraverso la ripresa della partecipazione diretta di tutti a partire dal governo delle comunità locali. Rinascita per Cinquefrondi lo va sostenendo già da oltre due anni, dal momento in cui è stata costituita…..cercando di trasformare questo senso diffuso di resa in riscossa e chiedendo a tutti coloro che possono di dare il proprio contributo, di dedicare un pezzettino del loro tempo alla costruzione di un nuovo modo di vedere e di vivere il bene comune. Accetto dal sig. Mario che non vive a Cinquefrondi e verso il quale nutro un fortissimo sentimento di solidarietà, di dire che di questo nessuno ne parla……ma chi vive a Cinquefrondi sa che Rinascita per Cinquefrondi ne ha fatto di questo la sua stessa ragione di esistere e che tra le sue più energiche attività vi è quello di sercare alternative alla grande distribuzione che ha tagliato fuori tutte le piccole produzioni locali attraverso la costituzione dei GAS (Gruppi di Acquisto solidale) nel tentativo di rimettere nel mercato proprio questi ultimi attraverso un patto solidale tra produttori locali e consumatori locali. E’ difficile ma non ci piace stare con le mani in mano e non ci piace neanche l’idea che altri si approprino del nostro destino…..o che il nostro fututro sia legato alla vincita al totocalcio. Un abbraccio…

    7. antonio s.

      sono d’accordo con ang.sic. meglio non farli i dibattiti che poi alla fine deve prevalere il pensiero di chi li organizza a scapito del confronto nel senso pieno del termine. T.D. bella analisi ma nella sostanza? succede purtroppo quello che dice ang.sic. ti sforzi ad organizzare i gas e poi nessuno capisce di cosa si parla, fai la manifestazione pro-notav ed è difficile fare passare il messaggio. Oddio continuate a farlo ci mancherebbe sempre meglio del vuoto assoluto che vive il paese, però qualche domanda me la farei. Infine ang. dice”Forse il suo intervento ci farà bene, signor Mario”, assolutamente a me personalmente mi ha aperto un mondo e mi è servito per dare una lezione di vita ai miei figli.

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