• Berlusconi al Foglio: “Nulla di cui vergognarmi”. L’incubo continuerà a tormentarci come il supplizio di Tantalo, se egli stesso non ne porrà fine
    18/09/2011 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI – Affermare di svolgere il ruolo importantissimo di primo ministro a tempo perso appare un’affermazione grottesca quanto incredibile, che fa ulteriormente indebolire il prestigio internazionale del nostro paese nel quale ormai assistiamo ad un progressivo distacco ed una disaffezione dei cittadini alla politica come mai prima d’ora. Purtroppo il tema è ricorrente è sempre lo stesso : le vicende di questo premier, che più che guidare con serietà e rettitudine le sorti d’una nazione intera si diverte ad esser il Pierino di turno, tanto in casa quanto in trasferta, di una compagine governativa che non trova punti di riferimento se non ultimo nel Presidente della Repubblica. Neanche chi ha accordato la fiducia a Berlusconi avrebbe mai immaginato che potesse apprendere da lui dichiarazioni spontanee circa il suo reale impegno istituzionale di premier part-time. La lenta agonia pre-decadimentale a cui ci sta sottoponendo nostro malgrado, alla luce degli svolgimenti politici ed economici interni ed internazionali si manifesta come più che immeritata ed ingiustificata. Ogni giorno si appura dai media per voce di Berlusconi, con evidente imbarazzo anche dei i suoi, di una novella trovata, una dichiarazione sferzante od un’affermazione deviante che mina la credibilità di un intero popolo. Ormai s’è persa la contabilità delle sparate ad effetto ed irrefrenabili che il premier sciorina ai quattro venti e per i cinque continenti che nella loro paradossalità trovano ripercussioni negative ed inesorabili nel sistema politico ed economico. L’ossessione giudiziaria che lo ha da sempre accompagnato nella sua storia, per il vero non molto limpida, politica ma non solo, comincia a stufare anche il suo elettorato che a naso si dev’esser quantomeno interrogato sulla presunta innocenza di questo leader, già in avanzato stato di dubbiosità. E’ stupefacente come egli intenda volersi affrancare ad ogni costo, tra immunità parlamentari e legittimi impedimenti, attaccando di continuo la magistratura, denigrando le istituzioni, prendendosi gioco dell’altrui intelligenza e facendo del nostro un paese al sua completa disposizione. Il riscontro è quello d’un quadro a tinte fosche e desolante che non lascia presagire nulla di buono per il paese; dopo 17 anni pregni di promesse (quasi mai mantenute), illusionismi, trasformismi, con ancora Fede e Dell’Utri, Cosentino e Tarantini, Bertolaso e la Santanchè, Lavitola e Milanese, Lele Mora e la porcilaia annessa, con il miraggio d’un benessere che rimane tale solo per chi lo ha sempre avuto, con le utopie delle riforme strutturali che servono all’Italia per renderla un paese moderno e più giusto (fatto salvo che si fanno sempre quelle riforme che dispiacciono i molti altri e mai i pochi se stessi), con la nazione che è divenuta una barzelletta itinerante per il mondo, con lo stallo dell’economia incolpata ad una crisi fino a ieri tragicomicamente smentita e addirittura valutata anche come allucinatoria, fatti salvi gli effetti, quelli sì, che si sentono davvero mordenti sulla vita quotidiana di ciascuno, con un’impennata dirompente di corruzione e concussione che mai come in questi anni hanno eroso il tessuto sano e produttivo del paese, anche per non dimenticare che l’esempio di moralità viene dall’alto. Ma nelle intenzioni dichiarate di Berlusconi in una lettera al Foglio del fido Ferrara, c’è l’affermazione candida di non avere nulla di cui vergognarsi e che non desisterà. Siamo al parossismo. E’ il refuso di un incubo che continuerà a tormentarci come il supplizio di Tantalo, se egli stesso non ne porrà fine. Fare politica non è un diritto, è in parte una vocazione, e quando non si riesce più a fare del bene comune il proprio ideale, quando l’euforia elettorale diviene evanescente ed anzi opaca e lascia il posto esclusivamente all’interesse personale, quando si tiene in ostaggio il destino d’una nazione per far comodo al proprio, allora, in un momento di clemente lucidità, si dovrebbero raccogliere le briciole della dignità che rimangono consumate sulla tavola dell’egoismo per compiere l’unica scelta possibile degna di apprezzamento: voler bene almeno una volta la propria nazione, fare un passo indietro e meditando, ritirarsi, per permettere alla gente finalmente di voltare pagina. Berlusconi che si rappresenta così digiuno di democrazia e refrattario alle regole, irriducibilmente consapevole di non potersi consegnare alla storia come ammirato statista, sarà ricordato politicamente per il merito di essersi protratto nell’arte d’un molesto intrattenimento a tempo pieno.