• A Milano il Comitato NoLombroso, per una revisione delle teorie dell’antropologo criminale
    Cesare Lombroso fu il padre della criminologia basata sulla razza. Ma le sue teorie non hanno mai trovato validazione scientifica
    22/07/2013 | Cesare Stranges, Comitato NoLombroso.org | Comunicato

    MILANO – Si è costituito a Milano il Comitato NoLombroso.org, per promuovere una revisione critica dell’opera di Cesare Lombroso, antropologo criminale a cui si deve la teoria (rivelatasi del tutto priva di fondamento) dell’origine innata della criminalità in alcune tipologie di uomini e donne. Il Comitato, che ha un sito internet a questo indirizzo www.nolombroso.org  ha come obiettivo quello di garantire una degna sepoltura ai reperti umani utilizzati da Lombroso, e anche di ristabilire la verità scientifica sul contenuto delle teorie lombrosiane. NoLombroso.org sottolinea come le affermazioni mai verificate scientificamente di Lombroso sono alla base della deriva razzista che tanto male ha fatto e continua a fare alla cultura italiana. Chi lo volesse, accedendo al sito del Comitato, potrà diventare testimonial dell’iniziativa.

     

     

     

    Il Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” è sorto nel maggio 2010 come reazione all’apertura a Torino del museo intitolato a Cesare Lombroso, ed ha come fine quello di sottolineare il disvalore scientifico delle teorie criminologiche e di arbitraria devianza sociale, come sostenute da Lombroso. Ad esse, infatti, hanno fatto seguito derive profondamente discriminatorie, tali da colpire chiunque si scostasse dal dissennato paradigma di «normalità» elaborato dal medico veronese. Cesare Lombroso non merita alcun museo… anzi merita la cancellazione da tutte le strade a lui intitolate! Questi fu il fondatore di una scienza dimostratasi erronea nei presupposti e nelle congetture, poggiata sulla tesi dell’uomo delinquente nato o atavico, riconoscibile dalla semplice misurazione antropometrica del cranio e dai lineamenti del viso o dalle dimensioni degli arti. Ossia, dell’individuo recante in sé, nella propria struttura fisica, i caratteri degenerativi che lo differenzierebbero dall’uomo normale e socialmente inserito. A tal punto gli studi di fisiognomica e frenologia forense, infelici scientificamente ed eticamente, fecero presa sulla società del tempo, che ne rimasero gravemente condizionati anche le indagini e i processi penali come nel caso del soldato calabrese di Girifalco, Salvatore Misdea, che fu condannato a morte, su suggerimento di Cesare Lombroso, nonostante tale pena in Italia fosse stata abolita da tempo.

     

    Il padre del razzismo e l’inventore della razza superiore… I teoremi lombrosiani hanno rappresentato il fondamento delle dottrine razziste, facendo sì che nel corso dell’Ottocento, nella nostra nazione, prendesse vita la teoria sulle «Due Italie», con il Sud vittima di una pesante discriminazione fomentata dall’idea razzista su basi scientifiche di Lombroso e dei suoi allineati discepoli (è sufficiente, in proposito, menzionare i nomi di Luigi Pigorini – Giuseppe Sergi – Alfredo Niceforo i cui scritti di profonda impronta anti-meridionale e razzista sono oggi all’indice della comunità scientifica nazionale e internazionale). Quanto accadde nel XX secolo con la follia nazista non è certo avulso dal pensiero lombrosiano. La Calabria fu la sua ossessione, i calabresi le sue vittime predilette… Quale ufficiale medico aggregato all’esercito, infatti, a seguito dei rivolgimenti post-unitari, Cesare Lombroso ne approfittò per avanzare basse speculazioni sulla popolazione meridionale, in spregio della radice unitaria che avrebbe dovuto realizzare fin da subito la coesione territoriale e sociale della nazione. Proprio in Calabria, il falso ricercatore avviò uno «studio criminologico» sulle popolazioni locali, giungendo ad indagare un improbabile rapporto delinquenziale tra linguaggio – usi – modo di vestire e le caratteristiche fisiche dei residenti. Non contento di quanto già provocato ai danni di un paritario sviluppo del Paese, rientrato nella vita civile e rivestendo incarichi universitari a Pavia, Cesare Lombroso ebbe occasione di osservare in carcere Giuseppe Villella, calabrese di Motta Santa Lucia, sospettato di brigantaggio (a 69 anni!).

     

    Quando il Villella morì, nel 1864, a Lombroso fu consentito di procedere all’autopsia del cadavere, senza alcun rispetto della normativa all’epoca vigente. L’esame anatomico del cranio, nello specifico, rivelò un’anomalia classificata dal clinico veronese come «fossetta occipitale mediana», ovvero l’«illuminazione» attesa da anni, come ebbe premura di divulgare: “Alla vista di quella fossetta mi apparve d’un tratto come una larga pianura sotto un infinito orizzonte, illuminato il problema della natura del delinquente, che doveva riprodurre ai nostri tempi i caratteri dell’uomo primitivo giù giù fino ai carnivori…”. Considerando come la straordinaria scoperta e la presunta anomalia riguardino un tratto anatomico non difficile da riscontrare, negli individui di qualsiasi origine territoriale, sorvoliamo su ulteriori commenti circa la levatura scientifica del nostro personaggio cui l’Università di Torino ha avuto l’ardire di intitolargli un museo! Naturalmente il “pezzo forte” della collezione museale di Torino, ancora oggi, è il teschio del calabrese “Giuseppe Villella”, il proptotipo del delinquente atavico, il soggetto della rivelazione. Cosa poi scrisse sulle donne e sulle razze di colore! Cesare Lombroso era poi antifemminista pervicace e raggiunse l’apice della sua folle teoria sessista quando diede alle stampe “La donna normale e la prostituta”, un testo che è ancora in vendita, e che dovrebbe sollevare le ire di tutta la Società Civile nel sapere appunto che ad un siffatto soggetto gli è stato dedicato un museo con i soldi di tutti i contribuenti italiani, donne, prostitute, omosessuali e meridionali inclusi. Per non parlare poi del suo testo supremo “L’uomo bianco e di colore” dove considera i negri alla stregua delle scimmie.

     

    Cosa vuole raggiungere il Comitato No Lombroso… Il Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” si propone di svolgere la sua attività a difesa dei più alti valori umani, avverso qualsiasi forma di discriminazione, sollecitando un Disegno di Legge che metta al bando la memoria di uomini colpevoli direttamente o indirettamente di delitti connessi con crimini di guerra o di razzismo. Ebbene, disposizioni e principi fatti propri dall’intera società civile nazionale e internazionale tutelano la dignità dell’uomo e il rispetto dovuto ai suoi resti mortali. Facciamo riferimento alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, proclamata solennemente dal Parlamento Europeo, dal Consiglio e dalla Commissione Europea quale Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea a Nizza, il 7 dicembre del 2000, nonché alla nostra stessa Carta costituzionale. Poggiando su queste disposizioni, ma anche su quanto insito nel nostro stesso ordinamento giuridico, il Comune di Motta Santa Lucia, nel catanzarese, comunità di origine di Giuseppe, ha intrapreso un’azione giudiziaria nei confronti dell’Università di Torino (a cui il Museo fa capo). Lo scopo è quello di ottenere la restituzione dei resti mortali del proprio concittadino, ai fini di una cristiana tumulazione, ma anche far cessare lo sconcio di essere additato come luogo di origine del prototipo del «delinquente atavico» (con pregiudizievoli ricadute sull’intera popolazione calabrese e meridionale). Il Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” è intervenuto ad adiuvandum nel giudizio, dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme, a favore del ricorrente Comune di Motta Santa Lucia, ottenendo la soddisfazione di vedere riconosciute in primo grado le proprie ragioni, con la condanna dell’Università degli Studi di Torino alla restituzione del cranio di Giuseppe Villella. Non accettando una decisione rispettosa del diritto e della dignità morale dell’uomo, i soccombenti hanno proposto appello avverso l’ordinanza del primo giudice, assicurandosi la sospensiva della decisione del Tribunale sulla base assurda di ritenere collezione museale di proprietà dello Stato l’indistinta ed illegittima raccolta di resti umani esposti nel museo Lombroso (904 teschi). Tuttavia il Comitato proseguirà nel suo sostegno al Comune di Motta Santa Lucia, convinto che la Corte d’Appello di Catanzaro non potrà che riconoscerne le sacrosante e legittime ragioni. Anche su queste basi, perciò, insieme ai fondamentali e universali valori cristiani, il Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” ritiene sia tempo che le residue martoriate spoglie, trattenute inutilmente e ingiustamente e nel macabro Museo Lombroso di Torino vengano restituite ai discendenti o alle comunità di orgine che ne abbiano fatto esplicita richiesta, come avvenuto con l’iniziativa della Giunta comunale di Motta Santa Lucia. Mentre, per i resti incogniti, che nessuno può reclamare, il Parroco del Rione Sanità della città di Napoli, benemerito don Antonio Loffredo, ha offerto la propria disponibilità affinché vengano inumati nel Cimitero delle Fontanelle, luogo di asilo dei perduti per eccellenza. 100 Città vs Museo Lombroso…

     

    Alla luce di quanto fin qui esposto il Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” ha lanciato una campagna di sensibilizzazione al fine di raccogliere l’adesione agli scopi del Comitato di 100 Città, con lo scopo di sollecitare le Istituzioni preposte e segnatamente il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il Ministero dell’Istruzione (MIUR), e ICOM International (associazione per il rispetto del Codice Etico dei musei), affinchè intervengano direttamente per imporre il rispetto della legge. Ad oggi hanno aderito molti comuni di tutt’Italia tra cui ricordiamo: Motta S. Lucia, Bari, Lecco, Valmadrera, Garlate, Cassago Brianza, Mandello del Lario, Bosisio Parini, Civate, Malgrate, Aprigliano, Sonnino, Botricello, Sellia Marina, Rogeno, Torre Ruggiero, Abbadia Lariana, San Giovanni in Fiore, Crucoli, Carlopoli, Castiglione di Sicilia, San Pietro Apostolo, Bucciano, Lamezia Terme, Napoli , Acquaformosa ed il sindaco di Cosenza Prof. Arch. Mario Occhiuto, ancora le città di Francavilla Angitola, Filadelfia, Cetraro, Craco, San Basile, Platania, Martirano Lombardo, Mirabello Sannitico, San Giuliano del Sannio ma anche la Regione Calabria e la Provincia di Catanzaro, mentre si segnala pure la delibera del Consiglio Comunale di Torino volta alla sepoltura dei resti umani esposti presso il museo “Lombroso” su richiesta del nostro Comitato e presentata dal consigliere Domenico Mangone ed in ultimo i consensi dell’Arcivescovo di Torino Mons. Cesare Nosiglia, del Vescovo di Lamezia Terme Mons. Luigi Antonio Cantafora e dell’Arcivescovo di Catanzaro Mons. Vincenzo Bertolone.