• Pdci: “Respingiamo le accuse false di Lo Giudice e il suo volgare tentativo di gettare fango sul segretario regionale Michelangelo Tripodi”
    10/12/2012 | Lorenzo Fascì, segretario provinciale Pdci RC | Comunicato

    REGGIO CALABRIA – Non abbiamo replicato pubblicamente alle affermazioni rese dal “pentito” Nino Lo Giudice nell’ambito del processo Meta all’udienza del 7 dicembre, laddove ha, nuovamente tentato di coinvolgere Michelangelo Tripodi. Si tratta, infatti, di dichiarazioni talmente infondate da meritare la pubblica repulsione.

     

    Il pentito Lo Giudice cambia versione di volta in volta: nel mese di maggio, nel processo di Catanzaro sosteneva di non avere accolto la richiesta che gli sarebbe stata fatta da tali Canzonieri e Monorchio di votare Michelangelo Tripodi alle elezioni comunali, dove peraltro invece, cambia versione e dice di aver accolto la richiesta di votare Tripodi in quanto richiestogli da un tale Murina. Le falsità continuano a ripetersi come quando ha sostenuto che Michelangelo abita vicino al caffè Mauro. Insomma, il Lo Giudice cambia versione ogni volta e ogni volta dice falsità sul conto del nostro segretario regionale; nonostante le smentite autorevoli che sulla questione ha fatto la stessa procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha ritenuto – anzi verificato – come notizie non attendibili. Peraltro, nessuna persona seria che conosce Michelangelo Tripodi, la sua storia politica, la sua etica, potrebbe mai dare seguito a simili affermazioni. Un simbolo dell’antimafia che chiede i voti alla ndrangheta? Perché, come essere comunista è l’antitesi della delinquenza organizzata; così Michelangelo – ed ancor prima il papà Mommo – sono stati sempre un punto di riferimento reggino e calabrese nella lotta per la legalità.

     

    Non conosciamo le ragioni che hanno ispirato il pentito Lo Giudice a questo accanimento nei confronti di Tripodi; probabilmente il coinvolgimento di persone moralmente irreprensibili serva a far diventare tutto uguale; far credere che tutto è inquinato e compromesso; ma così non è. Per questo, come partito, respingiamo al mittente gli addebiti. Prendiamo atto che in questa epoca, purtroppo, rappresentano un’arma micidiale utilizzati proprio per tentare di ferire proprio chi – come in questo caso – è notoriamente l’emblema della battaglia per la legalità. È un’arma fondamentale per rompere, sconfiggere la trincea che divide la legalità dall’illegalità.

     

    No. Noi non ci stiamo e per questo reagiamo pubblicamente dicendo che le dichiarazioni del pentito costituiscono un’offesa non solo alla storia personale del nostro segretario regionale ma le riteniamo un’offesa a tutto il partito ed ancor più un’offesa per tutte le persone oneste che si battono per ridare a questa terra un volto pulito; per questo siamo orgogliosi di far parte di un partito che ha un dirigente eticamente irreprensibile Tripodi. Ed in questo senso volgiamo anche un appello al giornalismo che non può e non deve prestare il fianco a simili inquietanti falsità; credo che ci sia un bene primario: quello rappresentato dalla verità e quello di contribuire tutti, ognuno nel suo obiettivo si può raggiungere solo se riusciamo a tenere distinte le persone per bene da quelle che non lo sono; in questa battaglia per l’affermazione della legalità riscontriamo con piacere le prese di posizione nette e decise che vengono da più parti a partire dal mondo cattolico; in ultimo quelle assunte dalla chiesa siciliana ed oggi ancor più dal cardinale di Napoli.