REGGIO CALABRIA – Da “generale” ad “accorpato” ce ne corre. Ed anche parecchio per la verità. Ma quando c’è di mezzo la politica, o meglio un certo modo di amministrare la res publica tutto sembra possibile. L’attuale vicenda dell’ospedale ”T. Evoli” di Melito P. S docet. Prima “battezzato” soltanto come ospedale “Generale” nell’ambito della nuova rete ospedaliera ridisegnata dalla regione Calabria, nonostante avesse corrisposto in modo ottimale alla molteplice e variegata domanda di assistenza sanitaria del basso ionio, permettendo così di decongestionare la principale struttura sanitaria del capoluogo reggino (già abbastanza provata), poi “derubricato” come nosocomio di “nicchia”. Oggi addirittura attraverso “convenzioni” o “accorpamenti funzionali” con l’ Azienda Ospedaliera Bianchi – Melacrino di Reggio si procede al trasferimento di strutture e personale.
Così facendo il declino è dietro l’angolo. La struttura sanitaria, giova sottolinearlo, ha fin qui erogato servizi di altissima qualità ad una vastissima utenza (quasi un terzo di quella del capoluogo di provincia) grazie alle professionalità ivi operanti. Questo repentino cambiamento di rotta, quasi un’ abiura, è a dir poco incomprensibile (è un eufemismo). Ma soprattutto sta producendo gravi disagi all’utenza dell’area grecanica, alle prese, tra l’altro, con i particolari aspetti orografici del territorio che rendono gravosi gli spostamenti verso altri lidi sanitari. L’ottimazione e la razionalizzazione delle risorse economiche ed umane per quanto ineludibili non possono mettere in forse l’esercizio dei diritti dei contribuenti, soprattutto quando c’è di mezzo la tutela della salute. Diversamente si rischia di alimentare l’emigrazione sanitaria, già abbastanza onerosa.