• I marò, il governo e l’ambasciatore: quel pasticciaccio brutto di Nuova Delhi
    18/03/2013 | Filippo Mammì | Edicola di Pinuccio

    CI AUGURIAMO CHE, quando questo pezzo sarà on line, si sarà aperto uno spiraglio nella tragicomica (più tragica che comica) vicenda dell’ambasciatore italiano in India Daniele Mancini, tuttora “prigioniero” delle autorità indiane a causa dell’ormai insostenibile controversia sul caso dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Anche se libero di muoversi sul suolo indiano, l’ambasciatore Mancini non può lasciare l’India, e il governo di Nuova Delhi ha allertato tutti gli aeroporti del Paese affinché il diplomatico non contravvenga alle restrizioni.Il governo indiano ha definito inaccettabile la decisione dell’Italia di non far tornare in India i due marò dopo il permesso di venti giorni (per le elezioni) che gli era stato concesso tramite un accordo tra i governi di Roma e Nuova Delhi, tramite una dichiarazione giurata firmata proprio da Mancini.

     

    Grazie all’articolo 29 della Convenzione di Vienna, Mancini può appellarsi all’immunità diplomatica, evitando il carcere per non aver rispettato un accordo internazionale; anche se l’ambasciatore ha corso seriamente questo rischio poiché, secondo alcuni esperti indiani di diritto internazionale, firmando l’accordo Mancini ha anche presentato una dichiarazione giurata in cui accettava la giurisdizione diretta della Corte Suprema e questo lo avrebbe privato dell’immunità, Nuova Delhi ha fatto sapere che non verrà emesso per il momento nessun mandato di arresto nei suoi confronti.Ma la situazione resta tesa: Mancini, nel giro di pochi giorni, è stato convocato più di una volta al ministero degli Esteri indiano dove gli è stata consegnata l’ordinanza di non lasciare l’India “per aver violato una dichiarazione giurata”. E i suoi familiari non riescono più a comunicare regolarmente con lui. A questo punto è lecito chiedersi: perché l’ambasciatore deve pagare per gli errori commessi dal governo montiano ormai agli sgoccioli? Perché la Farnesina minimizza nonostante la crisi diplomatica (perché di questo si tratta, se ancora c’è qualcuno che non lo ha capito) sia diventata un momento molto teso in questa trattativa che si trascina da un anno?

     

    E’ evidente che Daniele Mancini non c’entra nulla con le magagne che si sono venute a creare tra Italia e India. L’improvviso voltafaccia del nostro governo, che non è stato pienamente spiegato, si è trasformato in una trappola, ma per la persona sbagliata: non è stato certo Mancini a decidere che i marò restino sul suolo italiano, ha firmato l’accordo e la dichiarazione giurata assumendosi personalmente le responsabilità riguardo a questa delicata faccenda. E l’India ha tenuto conto di questo: accusando l’Italia di non rispettare i patti, il primo che deve pagare è sempre quello che ci mette la faccia, chi? Ovviamente, Mancini. Si apre così l’ennesimo capitolo di una vicenda di cui non si è mai voluto comprendere l’inizio e di cui non si comprenderà certo la fine, a causa di notizie tendenziose, voltafaccia e accuse ridicole. Di una cosa è certa una parte dell’opinione pubblica: il caso dei due marò assomiglia sempre più ad uno specchietto per le allodole volto a confondere ed in cui le reali cause vengono tenute nascoste o almeno manipolate. Quel giorno di febbraio di un anno fa, Latorre e Girone, militari del Reggimento San Marco della Marina, sono a bordo di un mercantile italiano con il compito, non si sa in base a quale legge, di sorvegliarlo contro eventuali attacchi di pirati. Militari a bordo di una nave commerciale? Un po’ strano. Navigano in acque internazionali o sotto la giurisdizione indiana? Un punto su cui ci si sta ancora scervellando.

     

    Ad un certo punto, una barca con a bordo alcune persone si avvicina alla nave senza un motivo plausibile. Salterà fuori che sono dei semplici pescatori ma il perché si siano avvicinati alla nave rimane senza risposta, è una manovra molto insolita. I nostri marò sparano e ne uccidono due. Chi ha dato l’ordine di fare fuoco? Latorre e Girone non avevano alcuna libertà di decidere da soli, qualcuno li ha spinti a sparare. Volontario o colposo, sempre omicidio è. Quello che succede dopo non è dato saperlo con certezza, fatto sta che la nave entra nel porto di Kochi, città dello stato del Kerala da cui provengono i due pescatori uccisi, e i due marò vengono presi in consegna dalla polizia indiana; secondo i giudici, la nave si trovava all’interno delle acque indiane quindi bisogna fare il processo in India, il governo italiano ribatte che fosse invece in acque internazionali quindi i due militari andrebbero processati in Italia o davanti ad una corte internazionale.

     

    Ciò che seguirà è a dir poco vergognoso. Ci si dimentica subito di due uomini uccisi e si inizia a parlare di comportamenti illeciti da parte dell’India. I due marò vengono considerati a priori innocenti da una parte della politica italiana e, se fossero colpevoli, a chi vuoi che importi di due straccioni morti ammazzati? Si scatena su Internet una guerra tra ignoranti, italiani e indiani, con gli italiani a urlare che bisogna espellere tutti gli indiani dal Paese, che bisogna boicottare i prodotti indiani, che l’India è un ex paese straccione che vuole solo fare la voce grossa con una potenza (ora l’Italia è anche una potenza?), mentre gli indiani accusano l’Italia di non rispettare i patti, i più imbecilli tirano in ballo la mafia (tanto per cambiare) e insinuano che i marò siano protetti da Sonia Gandhi, l’ex premier troppe volte subissata di critiche da una certa politica indiana. Insomma, il bandolo della matassa non viene sciolto, seguiranno solo tanti mesi di inaudite lungaggini (da entrambe le parti) e di insulti fuori luogo. Nei prossimi giorni, l’ambasciatore Mancini dovrà comparire davanti alla Corte Suprema dell’India per rispondere di quanto gli viene contestato; intanto, molti ambienti riferiscono alla stampa che le reali motivazioni di questo interminabile tira e molla abbia a che fare con altre manovre, la maggior parte di natura economica. Ad esempio, tutti i miliardi legati alle operazioni di Finmeccanica in India, adesso sospesi, o certi affari in merito ad alcuni elicotteri di Agusta Westland venduti dall’Italia all’esercito indiano, oppure lo stesso denaro dato come risarcimento alle famiglie delle due vittime (ma siamo sicuri che sia stato usato solo per quello?).

     

     

    Più passa il tempo e più i dubbi aumentano, ma concludiamo chiedendo: adesso che i marò resteranno in Italia, che si apra subito un processo per chiarire quali siano state le loro responsabilità e, secondo, smettiamola per favore di considerarli alla stregua di eroi perché ci sono sempre due innocenti che hanno perso la vita e che devono essere rispettati, colpevoli o meno che siano Latorre e Girone. In ultimo, che si chieda la liberazione di due cittadini italiani che da tre anni languiscono nelle galere indiane con l’accusa di omicidio basata, questa sì, su indizi labili: Tomaso Bruno e Nicoletta Boncompagni, processati per aver ucciso il loro compagno di viaggio (e fidanzato di Nicoletta) Francesco Montis. Tutto, dalle indagini fino alla condanna, si è basato su delle prove deboli, con l’autopsia sul corpo di Montis (morto di una crisi respiratoria) eseguita da un oculista e i due amici accusati di essere due amanti diabolici che hanno soppresso il terzo incomodo, mentre la loro unica colpa sarebbe stata quella di aver comprato e consumato della droga, rivelatasi fatale per Montis. Tomaso e Nicoletta stanno scontando l’ergastolo nel carcere di Varanasi, in India, e da tre anni urlano la loro innocenza nell’indifferenza delle istituzioni italiane. Ma per essere reclamati dalla madrepatria è obbligatorio indossare una divisa?