REGGIO CALABRIA – Non potevamo non dirle benvenuto, in molti l’hanno già fatto personalmente o con un comunicato stampa, noi vogliamo scriverle una lettera aperta, un gruppo di donne che scrivono ad un uomo prima che ad un vescovo. Come comitato “Se non ora, quando?” di Reggio Calabria ci è parso di respirare quando l’abbiamo ascoltata qualche tempo fa, in veste di vescovo di Locri, esprimersi chiaramente in merito al femminicidio. Forti le sue parole contro la cultura della donna oggetto, proprietà dell’uomo ed ancora e soprattutto il suo invito a denunciare le violenze senza subire in silenzio. Purtroppo non molto tempo fa, occupandoci come comitato del caso di Anna Maria Scarfò, abbiamo richiamato l’attenzione su un suo “collega”, monsignor Milito,vescovo di Palmi, in seguito alla, a nostro parere, discutibile, “promozione” di don Scordo. Come di certo saprà il sacerdote è stato condannato per falsa testimonianza nel processo Scarfò ma la sua responsabilità morale di pastore va ben oltre la condanna della legge. Lui si è reso “complice”, insieme ad una suora, della violenza subita da Anna Maria, all’epoca minorenne, coprendo gli stupratori, in odor di ndrangheta, e permettendo che le atroci violenze da lei subite si protraesse nel tempo.
Come non apprezzare quindi le sue parole? Più volte abbiamo affermato, per esperienza diretta, quanto sia fondamentale la figura del parroco, del sacerdote, nelle situazioni di violenza. Molte sono infatti le donne che, proprio in parrocchia, si rivolgono chiedendo consiglio, eccola diventare quindi “centro di primo ascolto”, presidio di “frontiera” nelle nostre periferie in modo particolare. Benvenuto monsignor Morosini, ci aspettiamo che le sue parole possano diventare prassi, che in molti ne prendano esempio traendo insegnamento da esse. La chiesa non deve essere complice di una visione paternalistica, non deve indicare alle donne la via del “martirio” e della sopportazione in nome di una famiglia da tutelare. Benvenuto quindi caro vescovo, che attraverso di lei la chiesa possa davvero essere prossima, che possa contrastare con ogni mezzo a sua disposizione, quello che è prima di tutto un fenomeno sociale e culturale. Che mai più si debbano sentir pronunciare parole come: “donna martire immolata sull’altare della famiglia come Cristo sulla croce”. Parole che noi stesse abbiamo avuto modo di ascoltare nell’omelia di un suo sacerdote durante i funerali di una donna vittima di femminicidio.
Le chiediamo quindi di “esserci”, di dare dei segnali forti e concreti. Le chiediamo di confrontarsi con noi e con tutte quelle realtà che sul tema lavorano nel nostro territorio per percorrere insieme la strada della collaborazione e del confronto. Il 26 settembre alle ore 9.00 si “celebrerà” l’udienza presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria del processo per stupro di Anna Maria Scarfò, coraggiosa nella denuncia tanto da essere sottoposta a regime di protezione e a vivere fuori dalla sua terra. Ecco l’occasione per compiere un gesto concreto di vicinanza verso colei, per lei tutte le altre, che dalla chiesa è stata “tradita”, un gesto di “riparazione” verso quella “bambina” che a suo tempo fiduciosa alla chiesa si era rivolta. Ricordiamo le sue parole che contengono proprio l’invito esplicito alla denuncia: “Un bollettino di guerra che ci fa constatare quanto la nostra società si vada sempre più allontanando dai valori…ci sono donne che sopportano le violenze perche’ manca il coraggio della denuncia…contro una certa cultura ormai radicata bisogna reagire con tutte le forze”. Venga al processo quindi monsignore, la invitiamo ad essere con noi, ci faccia ancora credere che qualcosa sta cambiando e le sue parole non sono solo meri annunci per ottenere consensi ma al contrario preludio di un reale impegno.