REGGIO CALABRIA – Non ho mai conosciuto il collaboratore di giustizia Roberto Moio se non attraverso le fotografie pubblicate dai quotidiani che si sono, di volta in volta, occupati dei suoi delitti e, successivamente, dei suoi pentimenti. Non ho mai conosciuto nessun membro dei non meglio specificati Tegano, che il Moio indica come suoi parenti diretti e, tanto meno, ho mai varcato la soglia di casa loro. Durante la mia carriera politica, come ben sanno tutti i Magistrati che hanno operato nel corso degli anni in Calabria, non ho mai chiesto voti alla mafia. D’altro canto, come i dati numerici stanno a testimoniare, sono stato largamente votato anche da candidato del MSI, quando quel partito era discriminato e fuori da ogni logica di potere. Ho sempre evitato, anche agli amici più cari, il disagio di vedersi la casa invasa da politici questuanti. Il mio rapporto con la gente si è sviluppato sempre in pubblico, soprattutto con comizi e riunioni alla luce del sole. Ho ricevuto sempre tante preferenze e, a volte, si può dire che io sia stato plebiscitato. Non mi sono mai dovuto rivolgere, per ottenere consensi, a nessun ambiente o persona che vivesse ai margini della società civile e legale. Quanto affermato dal collaboratore di giustizia Moio durante l’udienza di ieri nell’ambito del processo denominato “Testamento” è totalmente falso e, a tal proposito, ho già dato mandato ai miei legali di verificare se nelle dichiarazioni del succitato collaboratore di giustizia vi siano elementi validi per perseguirlo a norma di legge, a tutela della mia immagine e della mia onorabilità.
Senatore Renato Meduri