• Osservazioni sulla politica: Piu tempo passato a barattare che a risolvere i problemi quotidiani
    11/09/2011 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI – Chiunque opti per scendere nell’agone politico, specie nei piccoli centri è consapevole di compiere una scelta impegnativa ma fondante per rendere un servizio essenziale alla democrazia partecipativa, che proprio partendo dal basso funge da spinta per migliorare le condizioni di vita e vivibilità di una comunità. Non risulta sufficiente, quindi, racimolare il consenso numerico degli elettori per limitarsi ad assumere una carica pubblica nel civico consesso cittadino ed aver così conquistato lo scranno, magari per prestigio personale e per impettirsi dinanzi agli avversari. La competizione elettorale è invero un momento di concorrenzialità programmatica, e la scelta che il cittadino-elettore è tenuto a compiere dovrebbe maturare sulla base di ciò che l’offerta politica riesce a rappresentare per il futuro benessere dell’intera collettività. Non certamente sulla base di mirabolanti promesse o roboanti programmi, sulla base di chi la spara più grossa, bensì prendendo spunto dal concreto, essendo i competitors primariamente consapevoli del momento storico del quale fanno parte. Accade troppo spesso però che si confonda il pubblico servizio con il privato pregio, che si accendano lotte intestine per dipanare matasse cervellotiche che ai cittadini poco possono importare, stabilire o ristabilire equilibri politici marcando il territorio con il peso dei voti portati in dote, che il tempo trascorra più in baruffe da baratto piuttosto che esser impiegato a risolvere i problemi quotidiani della cittadina che si deve governare. In teoria ogni forza politica prospettando il proprio programma alla cittadinanza concorre a formare l’idea su come intenderà migliorare le prospettive di vita degli stessi cittadini. Presentato il programma, ricevutane l’approvazione dagli elettori, conquistato democraticamente il diritto-dovere di amministrare, finiti i trionfalismi bisogna passare ai fatti. Possibilmente concreti. Quindi mense scolastiche, asili nido, assistenza agli anziani, acqua pubblica con tariffe sostenibili, infrastrutture, strade e comunicazioni viarie, gestione dei rifiuti, politiche a sostegno del lavoro e dello sviluppo, della cooperazione sociale giovanile e della famiglia, impegno nella sensibilizzazione per lotta alla evasione/elusione dei tributi comunali e così via di seguito. Sempre mirando la stella polare del bene comune. Il premio degli amministratori sarà senz’altro la stima ed il riconoscimento meritorio dei propri concittadini per esser stati capaci di affrontare e risolvere gli annosi e tediosi problemi quotidiani che li attanagliano. E di guadagnarsi così l’agognata riconferma alle successive elezioni. Sistemi fin troppo autocelebrativi o eccessi auto-incensanti producono l’ effetto di irretire la variegata platea amministrata che deve tangibilmente sperimentare che la buona amministrazione passa sopratutto nell’ attenzione alle classi più disagiate sino a quelle benestanti, che come in ogni scala di valori decrescente che si rispetti intenda primariamente migliorare le condizioni di chi stà peggio, per poi pensare di passare al gradino successivo. Il compito di un buon amministratore non è già quello di sopportare le fatiche di Atlante, o d’aver la panacea per ogni male. Con la vocazione alla diligenza del pater familias, la mission primaria sarà quella di preoccuparsi per la propria gente, distribuire equamente le risorse disponibili, rendere fruibili fattivamente i beni ed i servizi. Ed avere la nobiltà d’animo di riconoscersi, nondimeno, quale vero rappresentante di tutti. Di chiunque, in contesti, luoghi, civili maniere e modi possa dar voce anche al dissenso. Ne deriva che il punto di partenza per la crescita civile e sociale non può non essere imprescindibilmente l’accettazione, quasi contrattuale, di voler compiere una svolta. A Cinquefrondi il lento quanto inesorabile incedere del tempo e dei fin troppo abusati luoghi comuni non hanno permesso di conferire quel valore aggiunto necessario alla democrazia che concedesse di realizzare a pieno i desideri di miglioria e legittime aspettative di crescita a vantaggio dei cittadini. Al nostro paese questi benefits sono stati sin qui, quantomeno, procrastinati.