• Migrazioni. 11 bambini egiziani, degli oltre 100 sbarcati a Reggio il 24 luglio scorso, sono ospiti dell’Istituto delle Suore della Carità di Polistena
    La testimonianza della direttrice della struttura Suor Angela
    30/07/2014 | Salvatore Tigani | Edicola di Pinuccio

    suore bambiniOgni mese arrivano in Italia centinaia di extracomunitari che, su scassate carrette del mare, hanno attraversato il Mediterraneo per sfuggire alla povertà e cercare una nuova vita in Occidente. Si tratta di un viaggio disperato, terribilmente incerto, a cui molti di loro non sopravvivono, e spesso è un viaggio che divide le famiglie, tra chi parte e chi resta, tra padri che si smarriscono nel mondo e figli che sperano di riuscire a raggiungerli, prima o poi.

    La Regione Calabria ha da tempo chiesto alle istituzioni sociosanitarie del territorio di accogliere presso le proprie sedi i tanti minori non accompagnati che giungono sulle nostre coste, nascosti nella stiva di barconi stracarichi di persone, spediti come pacchi da posti lontanissimi, con l’unico obiettivo di ricongiungersi con i propri cari. Il loro è un viaggio ancora più terribile, compiuto nella solitudine più assoluta e nella delicata fragilità dell’infanzia. Uno degli aspetti più spaventosi dell’emigrazione clandestina.

    Ben undici di queste piccole creature, provenienti dall’Egitto, sono ospiti, da qualche giorno, presso l’Istituto delle Suore della Carità di Polistena, accolti dalle braccia amorevoli di Suon Angela poche ore dopo il loro sbarco a Reggio Calabria, il 24 luglio scorso, insieme ad altri 98 bambini. “Fosse stato possibile – ci ha rivelato Suor Angela – li avrei portati tutti a casa con me, ma i nostri mezzi sono limitati e ho potuto dare la disponibilità per soltanto 10 di loro”. Che alla fine sono diventati undici: “C’era questo bambino, Brevi, di religione cristiano-ortodossa, che quando mi ha visto, riconoscendo l’abito da suora, si è attaccato a me. Pur non conoscendo nemmeno una parola di italiano, è riuscito a farmi capire che voleva venire con noi, avere un posto dove pregare, dove studiare, voleva imparare: non ho potuto dirgli di no e così sono tornata a Polistena con undici angioletti”.

    Gli altri ragazzini hanno tutti un numero di telefono da chiamare, genitori o parenti che li aspettando da tempo in Italia e che non vedono l’ora di prenderli con sé. L’iter burocratico, ci spiega Suor Angela, è lungo e complesso, perché devono prendere il permesso di soggiorno prima di poter essere ricongiunti ai propri cari, però per loro è solo una questione di tempo. Per Brevi, invece, che non ha nessuno, l’istituto polistenese è, per ora, il capolinea. “I bambini piangono perché vogliono riabbracciare i propri genitori, o gli zii, persone di cui comunque non sappiamo niente e delle cui intenzioni spero le autorità si accertino prima di procedere all’affidamento: non vorrei che qualche “zio” li sfruttasse, magari mandandoli a lavare i parabrezza in qualche città italiana. Brevi invece ha solo i suoi grandi sogni: vuole studiare, laurearsi e diventare un avvocato o un giudice. Ha le idee molto chiare e una voglia incredibile di imparare. Si è molto affezionato a me – ci racconta Suor Angela, non senza un velo di commozione – e mi ha eletta come una figura di riferimento. Spero di aiutarlo a realizzare i suoi desideri, almeno finché le nostre strade correranno insieme”.

    Sono mondi diversi, il nostro e il loro. Le loro abitudini alimentari, che le suore dell’istituto stanno assecondando come meglio possono, così come quelle sociali, differiscono molto dalle nostre.  Suor Angela qualche giorno fa ha chiamato una amica parrucchiera e li ha “fatti belli”, con tagli alla moda di cui ora sono orgogliosissimi, e gli educatori sono già attivi per insegnar loro la lingua italiana, che tutti i bambini sono ansiosi di conoscere per infrangere la comprensibile barriera di incomunicabilità tra loro e questa terra ancora sconosciuta. Sono eccitati, sorridenti, sicuramente spaesati ma bellissimi: nei loro occhi brucia ardente la fiamma della speranza e una grande voglia di vivere.

    “Non hanno mai visto i giocattoli – ci racconta ancora Suor Angela – e spesso reagiscono lanciandoli in aria. Sono abituati a mangiare tutte le pietanze nello stesso piatto e, se i primi giorni li abbiamo assecondati cucinando anche pietanze a loro conosciute, per non traumatizzarli con troppi cambiamenti, ora cerchiamo di fargli assaggiare la nostra cucina. Sono molto affamati – probabilmente hanno digiunato molti giorni nella stiva della nave che li ha portati fin qui – e adorano la pasta. Ah, quanta ne mangiano! E poi amano la nutella e i dolci, che cerco di non fargli mai mancare”.

    A giorni arriverà un interprete, un madrelingua arabo capace di mediare tra i bambini e i loro tutori provvisori, così da comprendere meglio bisogni e desideri di questi piccoli fuggiti a dio solo sa quale inferno. “Sono molto poveri. Poverissimi. Il loro più grande terrore è di venire rispediti in Egitto. E non è vero che sono difficili, che scappano e che sono incontrollabili: bisogna sfatare questo mito. Nessuno di loro ha fatto nemmeno il più piccolo tentativo di fuggire dalla struttura: sono educati e puliti, pensate che la prima cosa che hanno chiesto quando sono arrivati qui è stata di potersi fare una doccia e uno shampoo!”.

    Ma adesso comincia il difficile. Sia da un punto di vista economico che sociale l’impegno richiesto da ben undici ragazzini, con un passato infelice e minima conoscenza della lingua, è elevato. “Io ci metto tutto il mio entusiasmo – confessa Suor Angela – ma a volte ammetto di sentirmi sola. Sogno una comunità più sensibile ai bisogni dei più sfortunati. Non professo l’assistenzialismo, anzi, la mia visione è più votata alla valorizzazione di questi bambini: sono tutti capaci di dar loro assistenza, un letto, dei vestiti puliti e da mangiare. Ma quello che gli serve veramente è vicinanza, sostegno nell’impresa di diventare grandi e realizzare i propri sogni. Come quello di Brevi: la mia missione è quella di aiutarlo a studiare, a imparare e, finché mi sarà possibile, a diventare un avvocato”.


     
  • 2 commenti

    1. rosa

      Come posso aiutare?

    2. pittalis1971

      Buongiorno, per qualsiasi informazione può contattare direttamente l’istituto delle suore che ospitano i bambini egiziani all’indirizzo : grfamiglia@tiscali.it

      Cordialmente, edicoladipinuccio

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