(Il Garantista 23/09/2014) - A CINQUEFRONDI per salvare la tradizione la rimontano a mo’ di vetrina, la sottolineano, raccolgono in un unico spazio, una sorta di fiera/museo di fronte alla chiesa, i segni che fino all’anno scorso punteggiavano il paese. Il 14 settembre scorso a Cinquefrondi si è festeggiato san Rocco: nella pratica religioso-folklorica cittadina l’avvenimento significa innanzitutto la realizzazione dei “deserti”. Un’antica e tipicamente cinquefrondese forma devozionale verso il santo di Montpellier, che quest’anno, per lo stop alle processioni deciso dal vescovo, rischiava di non venire messa in atto. I “deserti” sono rappresentazioni plastiche – come scene di un presepe – della vita di san Rocco. Capanne di legno e canna, rivestite di lentisco, diventano quadri in cui evocare la solitudine del santo taumaturgo, il suo ritirarsi in grotta malato di peste, la prigionia. Diversi i materiali utilizzati per la riproduzione, tutto strettamente codificato dalla consuetudine così come temi e simboli messi in campo, tra i quali prevale il richiamo all’acqua rigeneratrice.
Prima che le processioni fossero sospese, la statua di san Rocco incontrava nel suo tragitto i “deserti” sparpagliati nei vari quartieri e al cui allestimento lavorano soprattutto giovani. Quest’anno, per non lasciar inaridire la tradizione e la stessa festa che non è né può essere un fatto puramente religioso, la Pro loco di Cinquefrondi ha pensato di riunire i “deserti” in piazza Castello, davanti alla chiesa del Carmine dove è ospitato il simulacro del santo. Hanno risposto all’appello diversi gruppi e così un po’ di capanne allineate si sono potute ammirare. Poco più in là, in un assembramento vertiginoso da catalogo della festa popolare, bancarelle di arachidi, braccialetti, una capra e fuochi di artificio.
Ecco, per difendere i “deserti” li si è concentrati e messi in esposizione, a un passo dalla statua ferma in chiesa a origliare e che fino a ieri si specchiava nelle varie riproduzioni in miniatura del santo poste al centro delle capanne: una moltiplicazione da stordimento dell’immagine sacra. Senza processione – che è racconto comunitario, geografia emotiva e in movimento – quelle rappresentazioni rischiano però di svuotarsi in evento da parco giochi. Scolora la loro funzione narrativa, simbolica, sociale. E il paese si restringe. Non resta che capire dove porterà l’acqua: il 14, per una disfunzione, l’acqua/ruscello dei “deserti” è finita in strada, è uscita dal film, ha confuso le cose.