CINQUEFRONDI – Si continua a definire emergenza, ma si trascina da cosi tanto tempo da non fare quasi piu notizia. Il problema dei rifiuti, forse proprio per questo, deve essere affrontato provando a fare il punto su quanto accaduto negli ultimi vent’anni, in Calabria e nella Piana di Gioia Tauro. I rifiuti solidi urbani n molti paesi europei sono considerati una risorsa, che garantisce il riscaldamento nelle case o alimenta le filiere del riciclaggio e del recupero. Qualcosa che dalle nostre parti non sembra proprio possibile, nonostante una corretta gestione dell’intero settore sia imposta dalla legge. In Calabria è appena finita una fase di commissariamento straordinaria, durata tanto a lungo da trasformarsi in ordinaria gestione. Anzi: cattiva gestione, visti i risultati ed il rapporto spesa/obiettivi raggiunti.
Il caos rifiuti in Calabria comincia quasi venti anni fa. Nel 1995. Si punta alla raccolta differenziata, e le campane verdi ed i cassonetti bianchi e blu diventano obbligatori per i comuni. Gli enti locali si sobbarcano conti salati, ma spesso i cassonetti per la differenziata rimangono accantonati e mai usati. Malgrado tutto, si apre una nuova epoca: i cittadini sensibili alla problematica salutano con entusiasmo l’apertura delle piccole isole e cominciano pazientemente a differenziare in casa i rifiuti conferendoli periodicamente nei contenitori. C’è chi cerca di imboccare un buon viatico per la gestione matura del problema: molte delle discariche di fatto vengono chiuse una dietro l’altra, e l’autorità giudiziaria non fa sconti e non esita a perseguire i sindaci che continuano a usare metodi di smaltimento non autorizzati.
In questi anni si individuano i siti per le discariche a norma di legge e comincia l’iter per la costruzione di un termovalorizzatore in cui distruggere la quota residua di rifiuti dopo la differenziata. Differenziata e termovalorizzatore, la ricetta pare completa. Per la raccolta e conferimento vengono costituite società miste pubblico-private (nella piana di Gioia Tauro Pianambiente) a cui vengono attribuiti tutti i servizi ambientali. Spuntano i camion mono-operatore, le spazzatrici meccaniche e i in qualche caso i centri abitati cambiano volto. Ma il sogno dura qualche anno: l’insolvenza di alcuni comuni nei confronti della società, in seguito esposta anche a infiltrazioni degli interessi criminali, nonchè la gestione “politica” della stessa hanno progressivamente portato allo stato di crisi e poi al definitivo fallimento di Pianambiente.
Un destino analogo anche per altre società sparse per la regione. Nella Piana si torna al passato, addirittura non ci sono più le risorse umane per garantire lo spazzamento manuale dei centri e dello spazzamento meccanico rimane solo il ricordo. Pianambiente esce di scena e anche il termovalorizzatore conosce una battuta d’arresto, con l’abbandono del socio privato, Veolia. E siamo ad oggi, con il sistema al collasso.
Eppure le risorse economiche impegnate in questa gestione non sono trascurabili. Fino all’anno scorso la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani , dovuta dai proprietari od occupanti immobili ad uso abitativo od altro e anche aree recintate, veniva stabilita sulla base dei costi annuali da sostenere da parte di ciascun ente. La predisposizione dei ruoli per la riscossione della tassa, effettuata in modo diretto o delegato, portava ad un ricarico rispetto alla tassa pura del 15% inserendo tre balzelli, tre addizionali, Eca, Maggiorazione Eca e Tributo provinciale, ciascuna nella misura del 5%. Le prime due a beneficio dello stesso comune, la terza a beneficio della Provincia non si sa bene per quali finalità. Nella sostanza, se il cittadino utente doveva cento euro al comune di tassa, in bolletta ne vedeva caricati centoquindici.
Dal 2013 la normatva è cambiata: abolita la Tarsu e introdtta la Tares (Tassa rifiuti e servizi). E’ ancora presto per giudicare quali effetti abbia prodotto la riforma: i comuni attendono le annunciate modifiche di una norma non ancora operativa. Quello che è certo è che la determinazione della tassa prevede l’abolizione delle due addizionali Eca, (10%) il mantenimento di quella provinciale (5%) ma al totale si aggiungerà un costo che sarà interamente a beneficio dello stato nella misura di trenta centesimi per metro quadro. La riforma del metodo di tassazione lascia invariato quindi il criterio di calcolo, i metri quadrati dell’abitazione, non prende in considerazione la quantità di rifiuti che si producono, tantomeno se la casa è occupata da uno o più utenti. Il criterio più logico, quello basato sulla potenziale quantità di rifiuti prodotti non viene nemmeno sfiorato. Un vecchietto, pensionato che abita da solo in una casa di cento metri e produce una sola busta di rifiuti ogni due giorni paga quanto una famiglia di cinque persone che di buste di rifiuti ne produce due al giorno. E se il costo è direttamente collegato al trattamento dei rifiuti sarebbe più giusto che si pagasse sulla base della quantità effettivamente prodotta. Il sistema si finanzia quindi con le tasse a carico degli utenti contribuenti, le somme entrano nelle casse del comune che provvede a riversarne una parte alla Provincia, alla Regione e a pagare la società che cura raccolta e conferimento.
Sul costo quindi gravano e continueranno a gravare balzelli, anzi, a quelli esistenti se ne aggiungerà uno ulteriore che servirà al finanziamento delle spese per i servizi di pubblica illuminazione e manutenzione delle strade. Ci viene spontanea una domanda: ma fino ad oggi come sono stati finanziati questi servizi? Le relative risorse dove sono state attinte, da quale capitolo di spesa? e questo capitolo non è stato forse finanziato con le tasse pagate dagli italiani? Se all’istituzione di questa addizionale statale per i servizi non corrisponde l’eliminazione di quella parte di tasse che gravano su ogni cittadino e che servono per finanziare i medesimi servizi, allora si tratta di una duplicazione che ha il sapore di un balzello.
Torniamo alla situazione locale. La Piana di Gioia Tauro sconta una situazione molto differente a livello di percentuale di morosità dei contribuenti Tarsu. Si passa da altissime percentuali di incasso a numeri irrisori. In tutti i casi le risorse introitate non coprono i costi effettivi sostenuti. Quando la riscossione non va a buon fine rimane comunque l’obbligo di pagamento da parte dei comuni del servizio prestato dalle società incaricate di raccolta e conferimento. Ma se il comune non paga, la società incaricata non raccoglie ed i rifiuti rimangono per strada. Se a questo si aggiunge l’oramai cronica vicenda delle chiusure e riaperture delle discariche autorizzate qui e lì per il territorio regionale, se si considera che a volte i rifiuti fanno centinaia di chilometri prima di trovare definitiva sistemazione, il quadro che ne risulta è evidente, aumento dei costi e servizi sempre meno qualificati
La società subentrante a Veolia-Tec nella gestione del termovalorizzatore di Gioia Tauro tiene fermo l’impianto per motivi diversi, non ultimo la rivendicazione di un aumento della propria remunerazione. Il quadro che ne risulta è quello che appare, a macchia di leopardo, in tutta la Piana. Già realizzate alcune isole ecologiche, altre sono in fase di realizzazione. Bene, benissimo, ma se alle strutture non si affianca il resto ci troveremo ancora una volta di fronte a un inutile spreco di denaro pubblico. Le isole ecologiche hanno un senso se dopo la raccolta i rifiuti differenziati prendono la strada del completamento del ciclo, trasformandosi in risorsa, anche economica. Non ci stancheremo di ripetere che la raccolta fine a se stessa, lasciata alla discrezionalità ed al senso civico dei singoli non va lontano. La raccolta differenziata deve essere sostenuta e promossa con sistemi seri e facilmente mutuabili anche da alcuni comuni calabresi (dove il conferimento da parte dell’utente si trasforma in un bonus da detrarre dalla tassa annuale). In tale scenario l’ente locale manda in discarica indifferenziata e al termovalorizzatore meno rifiuti, pagando di meno per il servizio.
Riconoscere all’utente finale un bonus pari alla metà di quanto il comune incassa vendendo la differenziata, costituirebbe un vantaggio bilaterale non indifferente. Naturalmente esiste un’altra parte della società civile che deve esercitare in pieno il proprio ruolo. Ci riferiamo alle scuole che potrebbero inserire nel l’attività didattica una educazione ambientale seria basata sullo studio dei cicli dei rifiuti e su visite guidate, per verificare di persona cosa diventa, per esempio, una bottiglia di plastica dopo che viene conferita nell’isola. Le rituali gite scolastiche potrebbero avere come destinazione i comuni virtuosi in materia ambientale. Copiare dal compagno di banco è certamente da evitare, ma copiare da un comune che riesce a trasformare i rifiuti in risorsa è certamente concesso, anzi dovuto.
I contributi erogati dai comuni nei confronti degli istituti scolastici potrebbero essere vincolati a questo tipo di istruzione e, magari, anche i sindaci potrebbero approfittarne per fare una visita ai colleghi virtuosi che sicuramente saranno ben lieti di spiegare come siano arrivati al risultato e quale percorso abbiano fatto. La primavera di quest’anno è la più fredda da decine di anni a questa parte. Ma l’estate è alle porte e se la situazione attuale, documentata ampiamente dalle foto che abbiamo realizzato in questi giorni in tutta la Piana non cambia, con l’arrivo della bella stagione si rischia una vera e propria catastrofe sanitaria. Un rischio che politici e amministratori farebbero bene a tenere presente per tempo.