• Regione. Per Collettiva AutonoMIA con la nuova legge elettorale democrazia calpestata
    Nelle prossime elezioni eliminate le minoranze e le donne
    05/06/2014 | Collettiva AutonoMIA RC | Comunicato

    logo copertina collettivaREGGIO CALABRIA – Nell’ultima seduta del Consiglio regionale calabrese la democrazia è stata definitivamente calpestata! Una maggioranza di centro destra uscente, con un presidente dimissionario per gravi vicende giudiziarie, produce una legge elettorale con uno sbarramento al 15% per liste o coalizioni che si presentano autonomamente e boccia ogni emendamento riguardante la parità d’accesso alle cariche elettive. Di fatto dalle imminenti consultazioni elettorali regionali saranno eliminate le minoranze non allineate e le donne.

     

    Un Consiglio che, già allo stato attuale, vede la presenza di solo 3 donne su 50, tra l’altro, in quanto nominate o in sostituzione di uomini rinunciatari per altri incarichi: di fatto non si può definire, nemmeno in origine, democratico e rappresentativo. In questo ultimo atto vediamo chiaramente la volontà all’autoconservazione di un ceto politico che teme il malcontento e il dissenso, che perpetua una visione della politica e della società maschilista e patriarcale nella evidente incapacità di dare risposte ai bisogni e alle aspettative di questo territorio da loro stessi devastato. La cosa che colpisce, pur non sorprendendo, è che le uniche due consigliere regionali, promotrici dell’emendamento sulla doppia preferenza di genere, abbiano deciso di ritirarla anziché pretenderne la votazione facendo assumere alla loro parte politica, la maggioranza di centrodestra, la responsabilità della bocciatura.

     

    Quale dunque l’azione all’interno della loro parte politica? Quale il loro coraggio nel portare avanti la tanto annunciata battaglia per le donne? Che senso hanno i loro comunicati di sdegno per la mancata approvazione degli emendamenti? Vorremmo che le “nostre” donne istituzionali e tutte coloro che militano nei partiti si impegnassero a svolgere il loro compito primario: quello di aprire all’interno delle loro organizzazioni politiche il dibattito, di avere anche il coraggio del dissenso; di fare insomma la tanto decantata “differenza”, spesso sbandierata ma praticata assai di rado.

     

    Una legge per la parità di genere, che oggi è ancora così lontana, è solo il primo passo e non basterà a garantire una democrazia veramente compiuta. Senza consapevolezza continueremo ad assistere a mere operazioni di pinkwashing, oppure avremo, come in questo caso, rappresentanti istituzionali che rinunciano a combattere per i diritti delle donne in virtù dell’allineamento al partito: ancora una volta “seconde” e non “soggetti” politici. Questo dunque l’amaro risultato, una sconfitta per loro e per noi tutte!