• Lo Stato rischia 300 mln di euro di penale per il Ponte che non c’è (e non ci sarà). Ma ai cittadini si taglia di tutto
    12/10/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    ORMAI PARE ASSODATO. Il corridoio 5 (Palermo-Berlino) se e quando correrà, lo farà senza ponte. La dorsale paneuropea che doveva servire da raccordo strategico tra l’area mediterranea ed il nord Europa è stata derubricata ad opera incompiuta che, a quanto pare, scadrà tra quelle destinate a non veder luce. Il Ministro dell’Ambiente Clini sul tema è stato abbastanza perentorio dichiarando che “non esiste l’intenzione di riaprire le procedure per il ponte sullo stretto di Messina, anzi al contrario, il Governo vuole chiudere il prima possibile le procedure aperte anni fa dai precedenti governi, e per farlo deve seguire l’iter di legge”.  Questo per quanto concerne la volontà politica di dirottare i circa 8,5 miliardi di € necessari per la realizzazione dell’imponente opera ad eventuali altri usi. Ma a destare dubbi è l’ultima parte della dichiarazione del Ministro, relativa alla chiusura delle procedure secondo gli iter di legge.

     

    L’ermetica espressione celerebbe tuttavia il retroscena verosimile d’una penale a sfavore dell’ente appaltante di circa 300 milioni di €. Il che tradotto significa che lo Stato sarebbe costretto, per fermare l’opera aggiudicata al general contractor Impregilo Group, a sborsare una penalità onerosissima  a carico dei contribuenti. Qualcosa di cui si parla poco, ma di molto significato se si pensa, solo per fare un esempio, che nell’ultima discussione sulla legge di stabilità il Governo avrebbe previsto un inadeguato stanziamento di 100 milioni di €  a mitigare  la causa degli esodati. Dunque un salasso prossimo venturo se non si correrà, e presto, ai ripari. Perché il rischio di trasformare quella che poteva essere un’opera ingegneristica futuristica e vantaggiosa per l’intera collettività in un boccone avvelenato infarcito di trappole legali condito dalla stangata finale è abbastanza verosimile. E se persino le famiglie vengono prese di mira per raschiare il fondo del barile con drastici tagli alle deduzioni e detrazioni fiscali, su spese che fino a poco tempo fa erano considerate sacralmente di finalità sociali, per recuperare fondi utili per rimettere in sesto la finanza pubblica ecco che la vanificazione dei sacrifici e l’annientamento della sobrietà imposte con tanta perizia ai cittadini sviliscono di fronte a questa paradossale quanto incomprensibile questua di Stato da devolversi ad un consapevole privato per una infrastruttura dal percorso già lungo e travagliato ora cassata ad infattibile.

     

    Lo Stato quindi potrebbe essere costretto a pagare una fortuna affinché l’opera non venga eseguita. Un non senso. Dopo aver per anni illuso con la chimera della salvaguardia del lavoro e dei benefici connessi, in special modo, i cittadini delle due sponde dello stretto, aver proceduto ad espropri, aver creato una società fantasma ( la Stretto di Messina spa) che ha fagocitato bilanci e sistemato sodali bipartisan, si giunge all’epilogo con tanto di finale a sorpresa. Ma stavolta la sorpresa potrebbe gratificare inaspettatamente un solo soggetto (Impregilo) – peraltro incolpevole – recapitando un tesoretto a cinque zeri senza colpo ferire, e risultare piuttosto sgradita a milioni di cittadini che continuamente mortificati con il solito cilicio di privazioni,  per perorare la causa alta e nobile del salvataggio dal baratro della bancarotta nazionale, scontano come sempre, gli oltraggi d’un dissenno politico viepiù cieco quand’anche artatamente autolesionistico. Almeno per contenere l’indignazione popolare entro gli argini della normale tollerabilità per simili ciarpami in fattispecie di contratti pubblici, non rimane altro che confidare che le regole del buon senso e della buona amministrazione della cosa pubblica, almeno ogni tanto, possano avere al pari di quelle del diritto, il favore del sopravvento. Quantomeno per alternanza.