CITTANOVA – L’operatore socio sanitario nasce ufficialmente, come figura professionale, a seguito del Decreto del ministero della Sanità datato 18 febbraio 2000 e dall’accordo tra ministero della Sanità, ministero della Solidarietà sociale e Regioni del 22 Febbraio 2001. Tale procedura legislativa viene sancita con termini di urgenza, ritenendo non più differibile l’istituzione di una specifica figura di operatore socio sanitario che svolga attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario ed a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente. Tutto ciò viene ritenuto necessario e urgente. In tutte le Regioni si è provveduto all’inserimento di questa importante figura professionale negli organici delle aziende sanitarie ed ospedaliere, mentre, la Regione Calabria nonostante abbia provveduto celermente a fare i corsi di formazione (con tutti i costi di bilancio necessari), l’organico del personale Oss è quasi del tutto inesistente in tutte le Aziende sanitarie provinciali ed ospedaliere. Il risultato è stato quello di aver favorito l’emigrazione di migliaia di giovani formati verso altre regioni e lasciare sguarnito il servizio sanitario regionale di tale figura.
Eppure, nonostante il piano di rientro e il blocco delle assunzioni, forse il commissario Scopelliti poteva emulare quanto si è fatto in altre regioni. Per esempio in Lombardia, dove, appena formate le figure di operatore socio sanitario, è stata rivista la dotazione organica, acquisita la necessità di personale Oss a supporto della carenza di personale infermieristico e di una inderogabile necessaria valorizzazione delle risorse umane e del personale di supporto per le attività assistenziali alla persona e quindi, si è provveduto all’assunzione di personale Oss in numero sufficiente al fabbisogno regionale. Il buona sostanza l’operatore socio sanitario è presente ed opera nell’assistenza diretta alla persona e aiuto domestico alberghiero, coopera nell’intervento igienico sanitario e di carattere sociale, collabora nella fase gestionale e organizzativa col personale sanitario. In assenza di questi lavoratori, i compiti loro attribuiti gravano sulle professioni Infermieristiche, Tecniche, della riabilitazione e dell’assistenza sociale, figure professionali già di per se ridotte per numero, togliendo tempo prezioso alle attività proprie del ruolo istituzionale con l’utilizzo in mansioni inferiori. Chi ne va di mezzo, oltre ai professionisti del comparto, è sempre l’ammalato.
Reggio Calabria, vediamo emergere due criticità di sistema da superare. La prima riguarda l’anagrafe del personale in servizio con circa l’80% dei lavoratori vicina alla soglia dei 60 anni di età e quindi, con efficienza fisiologicamente ridotta; la seconda attiene alla carenza numerica di lavoratori qualificati nella misura di oltre il 20% del personale previsto dagli standards. Come contraltare, sempre nell’Asp di Reggio Calabria, leggiamo l’atto dirigenziale n. 665 del 23 Luglio 2013 dove, giustamente, si continua a garantire e pagare il personale Oss a strutture convenzionate. Non solo, per confermare i contratti e l’accredito a tutte le strutture private e a quelle convenzionate, viene richiesta la presenza obbligatoria del personale Oss. E allora ci chiediamo: come può verificarsi una simile contraddizione di chi controlla (Asp di Reggio Calabria) e pretende gli standards di personale Oss e livelli essenziali di assistenza per accreditare e pagare le prestazioni della sanità convenzionata ma, non può accreditare se stesso, le proprie strutture ospedaliere e territoriali perché non ha operatori socio sanitari? L’Asp di Reggio Calabria, per essere accreditata, dovrebbe assumere e/o comunque garantire (così come ha fatto con l’atto dirigenziale n. 665), oltre 150 operatori socio sanitari. Questo è un problema molto serio e gravissimo sul quale la giunta regionale e l’Asp di Reggio Calabria deve mettersi al lavoro per risolverlo in tempi rapidi, altrimenti tra pochi mesi l’intero Sistema sanitario provinciale rischia di implodere con conseguenze economiche di gran lunga superiori a quelle necessarie per garantire l’assistenza socio sanitaria ed i livelli essenziali di assistenza indispensabili per continuare ad esistere come servizio sanitario pubblico.