• La politica in Calabria e il diritto alla salute. La riflessione del movimento politico “Officina Calabria”
    14/08/2013 | Giuseppe Gentile, Officina Calabria | Comunicato

    officina calabriaCITTANOVA – Da oltre un mese, le testate giornalistiche e i Tg nazionali, parlano del sangue infetto e delle tragiche conseguenze derivate da questi aspetti di malasanità. Le notizie continue e le denunce dei cittadini, non hanno il solo obiettivo di colpire i dirigenti responsabili, non si tratta di un accanimento rivolto alle persone ma, di una protesta continua contro un sistema sanitario calabrese inefficiente e inadeguato ai bisogni dell’ammalato. Alla luce di questi fatti, sarebbe necessario monitorare tutte le realtà provinciali e capire dove si registrano criticità e carenza di controlli per intervenire preventivamente ed evitare ulteriori tragedie. A volte accadono fatti gravissimi, forse per una miope visione di programmazione, d’interruzione della continuità assistenziale, sottaciuti o nascosti, perché i familiari non hanno né la forza né la conoscenza necessaria per fare denuncia.

     

    Forse, è stato proprio questo l’elemento che non ha permesso di mettere in luce la morte di una ragazza polacca, di appena 28 anni, avvenuta nelle strutture sanitarie pubbliche della provincia di Reggio Calabria. Non si è trattato di sangue infetto ma, di una consistente emorragia gestita per 12 ore in un pronto soccorso dove non è stato possibile utilizzare un servizio pubblico essenziale per tentare di salvare una vita umana. Orbene, partendo da queste disastrose incompiute, sarebbe utile capire meglio l’offerta sanitaria dell’ASP di Reggio Calabria, in particolare sulla Piana di Gioia Tauro, dove tutto si concentra pesantemente sull’unico ospedale di Polistena in grado di accogliere i cittadini a rischio salute. Qui arrivano le ambulanze dei Punti di Primo Intervento di Oppido Mamertina e Palmi, le emergenze dell’ospedale di Gioia Tauro, i codici Bianchi (nessuna emergenza), Verdi (urgenza minore), Giallo (Urgenza), Rosso (Emergenza), Nero (Decesso), Arancione (paziente contaminato), Blu (funzione vitale compromessa), insomma un carico di lavoro da gestire assieme a tutte le risorse necessarie per salvare, ove possibile, la vita dei cittadini della Piana. Per fare buona sanità è necessaria la presenza attiva sulle 24 ore di tutti i servizi essenziali: Laboratorio Analisi, Radiologia/TAC/RMN/Ecografia, Endoscopia Digestiva, Anestesia/Rianimazione, Cardiologia/UTIC, Centro Trasfusionale, Plesso Operatorio, Chirurgia, ecc. ecc.

     

    Purtroppo non tutti i servizi essenziali funzionano sulle 24 ore e addirittura, alcuni sono presenti soltanto nel turno antimeridiano. Ciò accade, sia per carenza di personale, sia per guasti di apparecchiature vetuste. Questi anelli marci del sistema mettono in discussione e in pericolo, sia i professionisti della sanità, sia la vita dell’ammalato. Eppure, nei Punti di Primo Intervento si è provveduto all’organico di personale e all’acquisto di nuove attrezzature per stabilizzare l’ammalato e trasferirlo al pronto soccorso e, allora, perché la stessa misura non è stata adottata, ancor prima, per il pronto soccorso? Certo è strana la nostra sanità, forse perché la politica si guarda bene dal garantire le promesse pur asseverando meno agli obblighi d’ interesse generale. Questo è uno spaccato della Calabria scelta dai calabresi, una sanità sempre più malata, una disoccupazione giovanile al 65% e un’economia alla deriva. Forse la prossima Calabria sarà diversa ma solo se i calabresi lo vorranno.