• Il partito del non voto è già maggioranza relativa. Porcellum e disaffezione alla politica scoraggiano più di 12 milioni di elettori
    21/01/2013 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    STIAMO PARLANDO del primo (o poco ci manca) partito, del partito di maggioranza relativa: il partito del non voto e degli indecisi. Con una percentuale che oscilla tra il 33 ed il 37% raccoglie un consenso più che trasversale. E definire l’esatto identikit dell’aderente non è poi così difficile poiché i delusi (e forse non a torto) dalla politica sono davvero tanti. Il range contempla figure che vanno dal giovane disoccupato (spesse volte pure laureato) all’anziano (indigente) pensionato. Un potenziale bacino di più di circa 12 milioni di aventi diritto al voto. Un partito che potrebbe spostare l’ago della bilancia immediatamente e da qualunque parte. Un’incognita, ma ancor più, non solo un mero dato numerico su cui riflettere. Perché la disaffezione dei cittadini verso la politica e nel dettaglio verso l’opaco sistema di gestione dei partiti ha evidentemente inciso sulle coscienze civiche lasciando un segno profondo.Le inchieste giudiziarie hanno avuto nient’altro (ma non è poco) il merito di squarciare il velo di collusioni, intrecci, connivenze e prebende che hanno coinvolto più o meno marcatamente i movimenti politici presenti e passati sulla scena nazionale e che hanno lasciato l’amaro in bocca a tanti cittadini illusi d’aver così mal risposto la propria speranza di riscatto e di giustizia sociale. Nell’arco di questi anni, più volte si è sentito parlare di riforme e di revisioni. E a quanto pare gran parte del lavoro resta ancora da fare.

     

    Una vera e propria sfilza rivoluzionaria che sottoscrive un vero e proprio programma di governo che alimenta il malessere al non voto: la riforma dell’asset parlamentare con la riduzione di deputati e senatori, soppressione degli enti inutili, riforma fiscale, riforma giudiziaria, lotta all’evasione e contestuale riduzione della pressione fiscale, recupero e tassazione dei capitali esportati illegittimamente all’estero, seria legge che regolamenti il conflitto di interessi, riforma del sistema universitario e dell’istruzione, dotazione di strumenti normativi veramente incisivi per la lotta alla criminalità organizzata, legge anticorruzione, riduzione costi della politica attraverso la revisione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, riduzione delle provincie, miglioramento della competitività, impulso allo sviluppo e migliore attenzione al sud, facilitazioni d’accesso al credito di imprese e famiglie, consolidamento delle politiche sociali, investimenti in green economy, liberalizzazioni, sburocratizzazione e semplificazione amministrativa, riforma del catasto e relativo adeguamento patrimoniale, riorganizzazione della spesa pubblica, sviluppo e potenziamento delle politiche agricole ed agroalimentari e tanto altro ancora.

     

    Se poi ci aggiungiamo l’urgente e necessaria riforma dell’attuale legge elettorale, il gioco è fatto. Si perché il porcellum, oltre a consegnare, tecnicamente, un parlamento di puri nominati, che grazie al premio di maggioranza (del 4%) garantiscono una certa governabilità alla Camera con l’attribuzione alla prima coalizione di partiti a livello nazionale (con l’esclusione della Val d’Aosta e degli italiani all’estero) di almeno 340 deputati, non dà altrettante garanzie al Senato, ove si rincorrono le alleanze, poiché il medesimo premio (del 5%) viene attribuito su base regionale distinto per singole regioni. Le soglie di sbarramento poi sono un’altra tipicità tutta italiana a complicarsi la vita. Per Montecitorio la corsa prevede tre soglie da superare : 1) le coalizioni di liste e partiti devono superare il 10% dei voti; 2) le liste singole e/o i singoli partiti devono superare il 4% dei voti; 3) i partiti collegati in coalizione devono superare il 2% dei voti. I seggi in premio vengono distribuiti proporzionalmente nella coalizione vincente. A Palazzo Madama questo sbarramento è addirittura molto più alto: il 20% per le coalizioni; l’8% per i singoli partiti; il 3% per i partiti coalizzati. Dunque non è poi così difficile decifrare la riottosità di tanti corrosi concittadini. Forse perché i politici in tutto questo tempo si sono trovati troppo spesso impegnati a risolvere tutt’altre faccende dimenticando di considerare quelle di ben 12 milioni di elettori (ma non solo) che hanno incolonnato, a poco a poco, in fila silenziosa. Intanto questi impazienti, nello stimolo dell’attesa potrebbero aver deciso di fare un diverso uso del diritto connesso alla proprietà della tessera elettorale. Misteri della resistenza (nella desistenza).