• Da Berlusconi promesse vanesie. “La manovra vista da qui: tagli ai servizi, aumento di tasse, premi agli evasori, Iva più salata”
    08/09/2011 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI – Il primo atto per l’approvazione della manovra si è consumato al Senato dove 165 peones temerari hanno sfidato la piazza ed hanno dato l’assenso ad una fiducia, che sin da subito si è detto non voler apporre, per poi fare dietrofront e spacciarla come necessaria e quindi venir in soccorso dell Governo per ben la 49a volta in 3 anni di legislatura. Ma invero la manovra propinata come amare medicina, sarà almeno equa e strutturata secondo misure di effettiva necessità? Dando uno sguardo a quanto riportato, dopo la terza riscrittura ed un maxiemendamento del Governo passato a colpi di maggioranza che ne aumenta difatto la portata passando da 45,5 a ben 53,8 mld di €, ci si aspetterebbe di rianimare il malato. Invece si scopre che la manovra, scritta con longa manus dai pianisti della maggioranza, nel suo nucleo non fà altro che tagliare ulteriormente i servizi ai cittadini, aumentare la pressione fiscale che passa dal 42,5% al 44,5% (questo per avvalorare lo slogan meno tasse per tutti…), aggravare con l’aumento del prelievo fiscale la posizione delle categorie dei lavoratori pubblici e privati da sempre lo zoccolo duro della contribuzione con l’aumento delle addizionali, pesare su Regioni e Comuni ridotti a sceriffi contro i cittadini e oramai ostaggio dei numeri, che giusto l’altro ieri hanno firmato un documento unitario quale atto di dissenso al dettato economico, mantenere inalterati i costi della politica ed i privilegi della casta, promettere di abolire le provincie (poi rimandando con accordo bipartisan tra PD e PDL, a data da destinarsi), come a non si sa quando è stato inserito il pareggio di bilancio da contemplarsi nel dettato costituzionale. Poi si passa al capitolo pensioni, laddove si è innalzata, a partire dal 2014, la soglia dei 65 anni anche per le donne siano esse dipendenti pubbliche o private; ed è rispuntato in extremis il contributo di solidarietà per i redditi sopra i 300.000 €, provvedimento questo che interesserà una platea di soli 34.000 fortunati; inoltre tra i punti più importanti vi è l’innalzamento della soglia dell’iva sui beni al consumo di terza fascia che passa dal 20 al 21%, con riserva di poter applicare l’aumento anche alle restanti aliquote così per meglio poter soffocare i già deboli consumi. Quindi il premio agli evasori che fiuteranno odor di galera solo se supereranno l’asticella dei 3 mln di € di maltolto. Per ultimo, ma non ultimo, la deroga all’art 8 dello statuto dei lavoratori con la concessione di licenziamenti più facili se pilotati attraverso l’accordo con i sindacati anche a livello locale, rendendo il lavoro, per la gioia di del ministro Sacconi, da stabile a precario anche con un contratto di lavoro a tempo indeterminato che quindi pare non offrire più alcuna garanzie di stabilità essendo stato svuotato, svilito e svenduto e quindi pronto per esser immolato sull’altare della dea flessibilità. La cosa non è passata inosservata dalle parti della CIGL, che annusando l’aria pesante del generale malessere si è preoccupata di indire uno sciopero generale perentorio, poi seguito da timide e tardive dichiarazioni di dissenso verso il testo della manovra da CISL e UIL, a cose praticamente fatte. Ed i provvedimenti per la crescita e l’occupazione e la riduzione degli insopportabili costi della politica? Non pervenuti. Così com’è questa manovra appare iniqua ed insopportabile non già perché necessaria, ma perché tendente a colpire i redditi che da sempre vengono falcidiati (quelli dei lavoratori), lasciando impuniti gli evasori, sfiorando i detentori della vera ricchezza di questo Paese (in cui appena il 10% delle famiglie bene detengono per sé il 50% della ricchezza nazionale), impoverendo, se ancora possibile, i servizi ai meno abbienti. Ma ciò che rende veramente deficitaria ed indigesta la manovra è da un lato l’assoluta assenza di attenzione ai patrimoni mobiliari, immobiliari e rendite finanziarie dei pochi eletti, quale vera linfa da cogliere per rinvigorire le dissanguate casse statali, che ponendo un divario tra contribuenti traccia un solco sempre più netto tra le classi sociali, e dall’altro il perpetrare lo stillicidio dei consumi divenuti man mano sempre più deboli che lentamente stanno decretando il collasso del sistema produttivo, specie delle piccole e medie imprese vero motore del Paese, riducendo tra inflazione percepita e riduzione reale del potere d’acquisto anche quel poco che può rimanere per vivere all’assai più esteso parterre di gente comune, per tentare di invertire la rotta, cercare di arrestare l’impoverimento dilagante e trovare il modo di tamponare l’emorragia degli iscritti alla vergognosa soglia di povertà. Ce n’è abbastanza per credere che tanto sia sufficiente a scontentare non solo le strepitanti opposizioni e quella gran parte di italiani che hanno sempre dato tutto e ricevuto quasi niente, ma c’è da credere, anche e soprattutto quello stesso sedotto elettorato di centrodestra tutt’ora in attesa di raccogliere i frutti delle ammalianti quanto adamitiche promesse del Presidente del Consiglio, dal sapore vanesio e dal gusto proibito.