• Reggio Calabria, il dopo scioglimento. Rifondazione Comunista approva un documento all’unanimità
    25/10/2012 | Federazione prvinciale PRC Reggio Calabria | Comunicato

    REGGIO CALABRIA – A seguito dello scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria, che rappresenta il caso più eclatante di sempre per le dimensioni della città appena eletta come “metropolitana”, ed emblematico per il contesto in cui si è sviluppato con le inevitabili ripercussioni anche per il Palazzo Regionale, e, soprattutto, a seguito della pubblicazione della Relazione della Commissione d’Accesso ma, ancora di più, per il susseguirsi di indagini recenti che hanno mostrato come la ndrangheta si sia inserita o abbia tessuto proficui rapporti con la politica, la magistratura, i servizi segreti, l’imprenditoria, l’associazionismo, la finanza, ecc. si può affermare che oggi come non mai la città è nuda! Da tutto ciò che è racchiuso dentro la Relazione emerge come la ndrangheta abbia avuto il potere e la possibilità di fatto di governare l’intera città attraverso le sue imprese, i suoi politici, i suoi giudici e le sue talpe condizionando così la vita dell’intera comunità reggina e avendo gioco facile ad alimentare sempre più il suo potere attraverso l’occupazione lavorativa gestita praticamente in toto visto che il grosso delle assunzioni degli ultimi anni ha riguardato società miste (gestite sempre da loro) e grandi imprese private gestite grazie alle cosche stesse e di cui non passa giorno che riceviamo notizie di sequestro o confisca.

     

    Un contesto dove la democrazia è stata letteralmente violentata creando un sistema di consenso drogato dal ricatto occupazionale con una classe politica che ha utilizzato le istituzioni per alimentare questo ricatto e ampliarlo sempre di più: questa è la sintesi di un decennio di governo della città da parte di Scopelliti & co. Il tutto eseguito negli anni grazie anche alla connivenza di parte della classe politica di qualunque orientamento, di sindacati o varie associazioni di facciata, tutti colpevoli ovviamente a partire da chi ha intrecciato rapporti favorendo tutto questo, ma non tralasciando chi ha preferito voltare lo sguardo altrove continuando a fare il gioco delle parti ma tacendo nella sostanza. Lo scioglimento del comune non servirà certo a risolvere tutti i problemi né per il tempo a disposizione né per la forza del provvedimento, ma certamente potrà interrompere o far cessare tutte le distorsioni create nell’ambito amministrativo e politico e se riesce sarà già gran cosa anche se non sufficiente se la maggioranza sana della cittadinanza non risponde.Una cittadinanza che per anni ha subito queste ingerenze e ad esse si è assuefatta: la realtà amara che tutti hanno avuto modo di conoscere è che in questa città qualsiasi scelta lavorativa o imprenditoriale si sia voluta intraprendere è entrata presto o tardi in relazione con la ndrangheta e troppo spesso quella relazione è divenuta necessaria per sopravvivere, unica garanzia di futuro. Questo è un aspetto che ha coinvolto e coinvolge tutti gli strati sociali: dal ceto popolare che chiede occupazione (oggi anche ceto medio) passando per i piccoli imprenditori e artigiani, spesso soffocati dal credito delle banche, a finire con la borghesia, imprenditori, professionisti, medici, giudici, politici che si intrecciano per aumentare a dismisura il loro potere. La città oggi si trova a dovere affrontare la sfida per un riscatto sociale reale che faccia comprendere ai più che la ndrangheta non tutela ma soffoca, ma deve anche poter percepire che un’alternativa reale a tutto questo sfacelo e siste e può essere ricercata.

     

    Rifondazione Comunista vuole essere artefice di questo riscatto offrendo le migliori risorse di cui dispone per riportare il giusto protagonismo di quanti sono rimasti schiacciati da una non-politica asfissiante e ricattatoria ma che ancora credono nelle istituzioni libere, partecipate e democratiche e quindi distanti da interessi oscuri o da soli ipotetici accostamenti alle forze malavitose o a discutibili grumi di potere. Per troppo tempo i reggini hanno visto una cattiva politica relazionarsi con loro, così come fa la criminalità organizzata, chiedendo per lo più voti in cambio di posti di lavoro piuttosto che di favori (quand’anche si trattasse di diritti) facendo stravolgere così l’idea stessa di amministrazione della cosa pubblica riducendola ad una sommatoria di bisogni privati degli amici o dei “contigui”. La nostra azione politica dovrà rimarcare sempre di più la nostra distanza da questi atteggiamenti e spingere perché tutte le risorse che la ndrangheta ha accumulato e usato per alimentare il suo potere vengano restituite alla cittadinanza, ma soprattutto vengano salvaguardati tutti quei (sani) lavoratori delle società miste e/o private coinvolte e che le stesse società, in assoluta discontinuità con quanto finora non prodotto, siano sostenute per rimanere in vita senza l’ausilio delle criminalità organizzata. Sostenere una politica dei beni comuni che consenta da una parte una più equa fruizione dei beni servizi stessi (l’esempio dell’acqua è più che mai attuale) e, dall’altra, riabiliti la cosa pubblica e soprattutto la sua gestione nel suo ruolo naturale accrescendo così una coscienza democratica.