• Da Gallico a Saline vince la speculazione. Vogliamo un Lungomare metropolitano. La denuncia: dal waterfront di Gallico a quello della Grecanica passando per il chilometro più imbrattato d’Italia
    25/06/2012 | Legambiente Reggio Calabria | Comunicato

    REGGIO CALABRIA – Un lungomare della Reggio metropolitana. Un sogno antico che s’allontana sempre più, un sogno infranto dalla dura realtà fotografata dal dossier Mare Monstrum 2012 di Legambiente. Quello che emerge puntualmente dal lavoro specialistico degli ambientalisti del Cigno Verde non è la solita denuncia forestiera dei fantomatici “nemici di Reggio”, tanto anonimi quanto facili da indicare al pubblico disprezzo dalla propaganda istituzionale, ma un atto d’accusa con tanto di nomi e cognomi che viene da chi ama queste terre e vorrebbe viverci in armonia, senza essere costretto ad assistere allo scempio quotidiano, e spesso irreversibile, delle bellezze di una Reggio che è stata “bella e gentile” ma che oggi è sempre più sporca e volgare.Una occhiata rapida alle pagine del dossier ed emergono subito le criticità: il nostro mare è malato, le coste inquinate, i depuratori non funzionano le città in preda all’abusivismo edilizio. Soprattutto Reggio, tra le prime in Italia nella speciale classifica degli immobili fantasma, cioè sconosciuti ai sonnacchiosi e compiacenti catasti nostrani.

     

    Non è una novità: dalla ricerca “Paesaggi e identità” curata dalla Regione Calabria nella passata legislatura, dal rapporto della commissione d’inchiesta del consiglio comunale del 2009, e dalla successiva inchiesta Urbanistica della procura di Reggio, emerge uno spaccato inquietante, un partito traversale del cemento che aggrega poteri forti, che ha gestito per anni e continua a gestire il mattone metropolitano con particolare accanimento sulla fascia costiera.Ecco che la denuncia di Legambiente assume un significato ancora più profondo: dalla bufala del waterfront, presto accantonato alle prime avvisaglie del naufragio contabile, e dallo scempio del Lungomare Falcomatà, ormai il più imbrattato chilometro d’Italia, passando per lo sventramento del Lungomare di Gallico, per finire col progetto del waterfront di Saline Ioniche e dell’Area Grecanica, un esempio di alternativa possibile che rischia di essere cancellato con un atto d’imperio coloniale per far posto a una scellerata centrale a carbone.

     

    C’è un filo che lega tutto ciò: c’è chi pensa a svendere città e cittadini in nome degli affari, di un’area metropolitana che vuol dire cemento e speculazione invece che valorizzazione ambientale e rilancio di un turismo che non sia di rapina.E invece c’è un’altra idea di una Reggio metropolitana: l’antico sogno di un polo turistico urbano che va da Catona a Bocale e più su fino all’Area Grecanica da un lato e a Scilla e Bagnara dall’altro. Un Lungomare attrezzato e aperto a tutti, da vivere in armonia con l’ambiente, spostando magari a Saline quel “Museo del Mediterraneo” previsto inopportunamente a Reggio. Dunque una Corniche mediterranea che trasformerebbe davvero una città troppo provinciale in un grande centro dalle ambizioni internazionali. Basta crederci.

     

     

     

     

    Estratto del Dossier Mare Monstrum 2012 di Legambiente

     

     

    Dietro queste colate di cemento fuorilegge si nascondono, quasi sempre, anche altri interessi e attività illegali. Il comune di Reggio Calabria, da questo punto di vista, è da sempre uno dei punti nevralgici per quanto riguarda l’intero ciclo illegale del cemento, dall’abusivismo alla corruzione, fino alle infiltrazioni mafiose. E’ anche uno degli esempi più clamorosi di “illegalità autorizzata”, cioè vere e proprie mostruosità edilizie che trovano, nel dedalo degli escamotage di legge, la complicità di professionisti accondiscendenti e uffici pubblici che mostrano cedimenti nel sistema dei controlli. Si tratta di un metodo ormai diffuso nelle città d’Italia, soprattutto lungo i litorali. In questi mesi nella città dello Stretto è al lavoro la commissione d’accesso del ministero dell’Interno, per valutare se, ed eventualmente con quanta forza, i clan ne hanno condizionato la vita politica e amministrativa. Al vaglio dei detective del Viminale molte questioni, dai conti del Comune ai casi di corruzione fino alla gestione di appalti pubblici, forniture e società. E anche le vicende, tante, emerse dalle inchieste della magistratura. Come nel caso dell’inchiesta “Urbanistica” che s’è abbattuta nel maggio dello scorso anno sul Comune: in manette sono finiti funzionari e impiegati che, stando alla motivata accusa avrebbero incassato denaro per velocizzare l’iter del rilascio delle concessioni edilizie o manipolare gli atti autorizzativi.

     

    Un sistema di potere illegale talmente radicato da essere rimasto in piedi anche dopo il trasferimento di alcuni dirigenti da un settore a un altro. Un sistema incancrenito che avrebbe operato indisturbato dal 2001 al 2009, quando è stata depositata la relazione della commissione d’inchiesta istituita dal Consiglio comunale (e guidata dall’ex consigliere comunale di opposizione Nuccio Barillà, nonché membro della segreteria nazionale di Legambiente) a seguito di alcune denunce anonime circa una situazione generalizzata di illeciti e gravi disfunzioni. Secondo i magistrati il settore Urbanistica era a rischio “mazzette” e avrebbe favorito le pratiche di alcuni studi professionali della città. La bufala del waterfront d’autore e il degrado dei lungomare di Reggio Calabria. Avevamo segnalato nel rapporto dello scorso anno il rischio incombente che uno dei litorali più suggestivi d’Italia venisse stravolto da alcuni mega progetti velleitari pensati dall’Amministrazione comunale precedente (giunta Scopelliti) e confermati da quella attuale. Un progetto, in particolare, opera della famosa architetto Zara Hadid, scelto attraverso un discutibile concorso internazionale – prevedeva la “riqualificazione” delle zone “di testa” adiacenti all’attuale lungomare Falcomatà, con il completamento del fronte a mare mediante un grande “centro polifunzionale” e il “Museo del Mediterraneo”. Due enormi edifici da realizzarsi al di sotto della “linea sacra invalicabile” delimitata dalla ferrovia. Strutture di grande impatto, estranei al senso dei luoghi, pensati peraltro troppo vicino al mare, in piena zona tsunami, ed esposti al rischio di cedere sotto i colpi delle ripetute mareggiate. Questo progetto, dopo i giri di propaganda, continua fortunatamente a giacere nei cassetti dell’Ufficio della legge speciale (noto con il nome “Decreto Reggio”).

     

    Il clamore mediatico costruito attorno al nome dell’archi-star Zara Hadid si è in questi mesi velocemente sgonfiato, i soldi in cassa sono spariti e gli amministratori comunali, in balia del naufragio contabile, hanno altre cose più incombenti a cui pensare. Intanto sul lungomare Falcomatà e dintorni, il degrado continua ad avanzare, basta vedere in che condizioni si trova la zona del così detto Tempietto, il luogo che richiama quello sacro e mitologico della fondazione di Reggio, da parte dei coloni greci, raccontata da Diodoro e Tucidite. Qui la bellezza antica della spiaggia accanto all’antico fiume Apsias e della “città giardino” narrata dagli scrittori europei contrasta con il degrado attuale, apparentemente inarrestabile, che ha fatto seguito alla rinascita della fase amministrativa della “primavera di Reggio”. Bellezza e tristezza sono entrambe sintetizzate dal monumento, imbrattato dalle vernici dei vandali e circondato dai rifiuti, posto di fronte al mare dello Stretto e allo scenario dell’Etna, raffigurante l’albero di fico intrecciato alla vite, la figura maschile unita a quella femminile, indicata agli ecisti come meta dall’oracolo di Delphi. Dal palazzo municipale sono partiti gli appelli rivolti ai cittadini a non infierire sullo stato del lungomare, a stare zitti “per amore di Reggio”. La risposta immediata l’hanno data i giovani di Legambiente, recuperando e abbellendo nel corso della Corrireggio uno spazio del Lungomare: noi amiamo la città, hanno detto, ma “c’è un altro modo d’A/mare”. E’ così: qui come altrove. Anche nel quartiere di Gallico Marina, frazione a nord di Reggio, di smarriti fasti turistici, il tempo sembra immobile. A un anno di distanza dal fermo dei cantieri per la realizzazione del nuovo lungomare i lavori non danno segno di poter riprendere.

     

    Dopo l’interruzione, gli sventramenti, le diatribe legali infinite con la ditta, gli attentati ai mezzi, sarà un’altra estate a “cantiere fermo”. Visibile è lo scempio già realizzato che ha fatto indignare i cittadini. Unica novità da segnalare è il singolare accordo pubblico – privato tra l’amministrazione Comunale di Reggio Calabria ed il comitato Gallico Mare 2012. Imprenditori, associazioni e gruppi di cittadini riuniti in associazione si sono resi disponibili ad adottare l’arenile per rivitalizzarlo, nel rispetto delle indicazioni del piano spiaggia. Si pensa già, da questa estate, di recuperare spazi comunali da destinare al parcheggio, curare gli spazi destinati a verde pubblico, animare la stagione estiva promuovendo manifestazioni. Un sussulto d’orgoglio, per non morire, così sembrerebbe. Il Comitato ha ottenuto l’adozione dell’arenile e l’approvazione di un progetto che integra l’intervento pubblico con quello sociale e privato. Per la verità, affidare a un solo comitato l’adozione di un’intera spiaggia, da dare poi dare in sub-concessione ai singoli, rappresenta una procedura insolita, che ha fatto sorgere molti dubbi anche sul piano giuridico e adombrato qualche sospetto. Ormai c’è solo da vedere se alle declamate buone intenzioni corrisponderanno i fatti. Parlando di waterfront da recuperare, un caso che potrebbe rivelarsi la chiave di un nuovo sviluppo, è quello che riguarda Saline Ioniche, il paese della costa ionica, porta d’ingresso dell’area grecanica.

     

    La nuova Amministrazione Provinciale ha deciso di portare avanti il concorso d’idee, lanciato dalla precedente Amministrazione e curato in partenariato economico-culturale con la rete “Borghi Solidali”. Il concorso riguarda la “riqualificazione del waterfront e la realizzazione di un Parco naturale e Antropico”. Allo scopo sono stati stanziati 80 mila euro. Serviranno a configurare una reinterpretazione in chiave eco-sostenibile di un’area che, in passato, ha subito interventi industriali devastanti che hanno lasciato ferite profonde, a cominciare dalla famigerata ex Liquichimica. Tra i luoghi che il concorso mira a valorizzare spicca proprio l’ex area industriale destinata originariamente alla produzione di bioproteine, comprensiva del porto degradato. Vi è poi la valorizzazione dell’Oasi faunistica dei laghetti del Pantano, sito d’interesse comunitario (SIC) lungo costa e tra i più importanti punti di sosta di specie eccezionali di uccelli protetti; infine, il relitto della nave “Laura C” che giace nei fondali di fronte a questo tratto già noto come “la casa dei pesci e il paradiso dei sub”. Il concorso – che riprende quasi integralmente le proposte avanzate per prima da Legambiente Calabria nel corso di Goletta Verde, nel 2006 – indica una via alternativa a chi nell’ex area industriale, lungo una costa dalle enormi potenzialità, accanto ai campi del bergamotto e a due passi dal borgo antico di Pentidattilo, vorrebbe realizzare addirittura una centrale a carbone.

     

    Una follia da scongiurare. All’interno del nuovo scenario delineato potrebbe trovare posto quel Museo del Mediterraneo e quell’Acquario del Sud inopportunamente previsti sul già saturo Lungomare di Reggio che invece qui, magari abbinato a un centro di biologia marina e a un parco marino terrestre, potrebbero trovare collocazione ideale. Un trasferimento anche di risorse economiche statali sarà possibile visto che Montebello Ionico, da cui Saline dipende, è inserito dentro i confini della nuova Città Metropolitana di Reggio Calabria, di recente istituzione.