• Vivere sotto scorta, per i soliti noti uno status symbol. Per gli eroi sconosciuti, una necessità talvolta non ammessa
    23/08/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    SEBBENE L’ORDINE impartito dall’alto è stato quello di tagliare i costi ed economizzare i servizi,  la casta fagocitante continua imperterrita nella sua indebita dispensa e ammutinandosi, si sollazza a mantener privilegi che, a ben vedere, non hanno ragione d’essere. Ed il prezioso servizio delle scorte con auto blu è solo uno tra i tanti. Ma è di questo che vogliamo occuparci. Correva l’anno 2002 quando la Camera approvava in via definitiva la legge di conversione del d.l. che istituiva l’Ufficio centrale per la sicurezza personale (Ucis), chiamato a gestire in modo più efficace le scorte alle persone potenziali obiettivi di minacce o attentati. Doveva essere un modo efficiente per razionalizzare gli impieghi di mezzi e personale con un fine, di per sé anche apprezzabile. Purtroppo l’attuazione che ne seguì  ancor oggi lascia a desiderare. E spieghiamo il perché. L’ufficio dispone di  2.108 agenti composto da  poliziotti, carabinieri, finanzieri e agenti della penitenziaria ai quali è delegato il  compito  di fare da scorta a politici e personalità diverse in tutta Italia. Il numero di tutele concesse infatti dall’Ucis del ministero degli Interni nel 2012 è stato di  584 a fronte delle 410 dell’anno precedente (fonte Ministero dell’Interno). I destinatari del servizio sono in modi e misure diverse: politici, magistrati, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni ma anche pentiti e giornalisti, facendo della guarnigione di sorvegliati una specie abbastanza variegata, trasversale e bipartisan. Ma se riprendiamo una infuocata  dichiarazione del Coisp (uno dei sindacati di polizia) apprendiamo con stupore  che “ più del 30% delle scorte in Italia – riferisce il segretario Umberto De Angelis – è inutile, rivolto a persone che non ne hanno realmente bisogno. Gli agenti dovrebbero essere impiegati sulle strade, per la sicurezza di tutti i cittadini, e non di pochi eletti. Che molto spesso utilizzano le scorte per attività banali come fare la spesa o “prestandole” ai propri familiari ”. Un concetto che lascia spazio a poche  interpretazioni e significativo, specie in un momento duro come questo nel quale vengono richiesti in continuazione sacrifici ai cittadini e la parola d’ordine ricorrente è sobrietà. Peraltro, le modalità di concessione in linea teorica sono anche tutto sommato selettive. Perché ad averla per ruolo sono le alte cariche dello Stato, mentre per “gli altri” deve essere comprovato il rischio od il pericolo incorrente, che può manifestarsi attraverso lettere di minacce, telefonate anonime e minatorie o peggio attentati alla propria incolumità. In conseguenza di ciò si innesca l’attenzione della Questura e della Prefettura di competenza le quali successivamente, dopo un consulto attraverso la convocazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, decidono se assegnare al soggetto una vera e propria scorta (nel caso di pericolo conclamato) oppure una tutela (costituita da vigilanza minima o presidio). Val bene ricordare che la scorta o la tutela, sono soggette  altresì anche a  revoca nella misura in cui vengano a cessare i pericoli che ne hanno determinato l’assegnazione. I casi al limite del grottesco sono quelli delle c.d. tutele permanenti a personalità di cui si fatica a comprendere i pericoli immediati per l’incolumità a cui paiono esser soggetti, come ad esempio l’ex ministro Oliviero Diliberto, l’ex deputato Carlo Taormina, l’ex sottosegretario Mario Baccini, gli ex presidenti di Camera e Senato,  Marcello Pera, Fausto Bertinotti e Pier Ferdinando Casini, l’esponente leghista Federico Bricolo  così come il collega deputato Giampiero Cantoni.  Oppure il dimissionario  governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo ed il critico Vittorio Sgarbi, e ultimo ma non ultimo, l’ex ministro Calderoli. Questi personaggi, più che personalità, mantengono forse ingiustamente un servizio delicatissimo più per status symbol che per effettiva necessità, gravando peraltro ingiustamente sul bilancio pubblico e facendo tristemente il paio con ben altri degnissimi soggetti che hanno la sol colpa di essere “anonimi” ma che di altre lotte vere e quotidiane vivono sul territorio, che scontrandosi concretamente con malavita e malaffare corrono seri pericoli per la propria vita, ma che ciò nonostante fungono da esempio di presidio di legalità e resistenza eroica ai quali molte volte si stenta a riconoscere una tutela o peggio ancora la si revoca per un cavillo piuttosto che un altro, forse perché non sono stati giammai accomodati su poltrone di stato o non godono di prebende “eterne”. Ma a renderli così speciali è il fatto che sanno fare, con disobbediente ostinazione, il proprio dovere quotidiano, in silenzio e sofferenza, in un paese come il nostro tante volte così volutamente distratto ex ante ma peculiarmente vocato a riconoscere i meriti (magari con medaglia), rigorosamente ex post.  Giuseppe Campisi


     
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