• A Palazzo Chigi il caso Gioia Tauro. Il 24 ottobre una delegazione calabrese parlerà al dipartimento per lo Sviluppo delle Economie territoriali

    L’idea di uno scalo «polifunzionale» per rivitalizzare il porto in crisi

    16/10/2011 | Giuseppe Raffa, Pres. Prov. di Reggio Calabria | Il Quotidiano della Calabria

    REGGIO CALABRIA – L’idea di poter mettere sul mercato l’area vasta di Gioia Tauro, così come aveva pensato di fare il Governo per tutti gli altri porti del Paese è ancora lì, bloccata fra le pieghe di un “decreto sviluppo a costo zero”, cui difficilmente l’Esecutivo nazionale darà soluzione. Ed anche l’Apq è ancora lettera morta nonostante dovesse aprire, già da anni, in favore del “Polo logistico intermodale di Gioia Tauro” una borsadi459milioni di euro. Ma la beffa non finisce qui: è stato disatteso perfino l’impegno assunto dal Governo con il “Mille – proroghe”che distribuiva ai porti italiani ben 250 milioni di euro, perché sui 19 promessia Gioia, ne sono arrivati solo 5. Questo accade mentre l’Autorità portuale insegue per l’Italia la Maersk, cui vorrebbe revocare lo sgravio concesso sulle tasse di ancoraggio, dimenticando che il balzello è di fatto un abbonamento che gli armatori possono fare dove credono e spendere indistintamente in qualsiasi porto del Paese. Ad aggravare il senso d’impotenza dei mille e più lavoratori di Mct , metà dei quali in Cassa integrazione straordinaria a zero ore e a rotazione di mese in mese, ci si mette anche la Contship e il gruppo Eurokai cui fa capo e che, dopo aver preso tutto quello che c’era da prendere a Gioia, adesso millanta investimenti cospicuia LaSpezia, il porto che vanta la migliore performance del Gruppo nel 2011. Insomma, la disfatta del più grande porto del Mediterraneo è ormai sotto gli occhi di tutti e la perdita di immagine, precipitata ai minimi storici del transhipment, è un danno che difficilmente Gioia Tauro potrà recuperare. Ma non mi accanirò contro l’ingenuità di chi insiste con i proclami mentre il porto muore. Voglio, invece, sottolineare che le poche portacontainer Msc che arrivano a Gioia scaricano lì neanche la metà del carico, per ripartire subito alla volta di La Spezia ed affossando così anche i servizi feeder che pure erano una risorsa. Dunque, una cosa è certa: se Aponte, ormai unico cliente del terminal calabrese dopola fuga di Maerks, non rispetta i patti e non mantiene i volumi di traffico, pur avendo la flotta di Mediterranean Shipping Container aumentato la sua capacità di trasporto dalle 405 navidimaggioalle 457difinesettembreper una capacità complessiva di 2 milioni di teu, e se Mct insiste con il tema degli esuberi mentre promette piani di rilancio faraonici altrove, è chiaro che la Regione non ha ancora assolto le promesse fatte perché ha venduto la “pelle”dell’Apq prima di averla. Adesso però si tratta anche di cambiare mentalità rispetto ai progetti di sviluppo che si impongono e smettere di abbindolare imprenditori restii, con il miraggio dei milioni che la Calabria potrebbe offrire. Anche se li avesse. Come presidente della Provincia non posso restare inerme mentre la politica lascia morire giorno dopo giorno un’area sulla quale imperano ormai solo i traffici clandestini e i mille e più addetti del Terminal sono sempre più esposti alle grinfie della ‘ndrangheta, considerato che la metà “giace”, come preludio alla mobilità, in Cigs. E così, recuperando il ruolo che la Provincia di Reggio ha sempre avuto sul suo territorio quale soggetto attuatore del Contratto d’area, peraltro richiamato dagli stessi sindacati nell’accordo siglato al Ministero dello Sviluppo il 3 luglio scorso, ho raccolto le carte ed ho deciso di rivolgermi a Palazzo Chigi, dove siede il Dipartimento per lo Sviluppo delle Economie territoriali, nell’intento di ridar fiato ad un’area ormai allo stremo. La risposta non si è fatta attendere: siamo convocati a Palazzo Chigi per il 24 ottobre, insieme a tutti gli altri soggetti competenti. Lì racconterò la crisi che nell’area di mia competenza è ai massimi storici e che, per sommi capi, ho già anticipato nel mio Sos. Se finora, a dispetto delle idee innovative sul porto abbiamo visto cercare improbabili vie d’uscita come quella delle navi da crociera da far approdare sulle nostre coste, adesso serve una sede deputata dove allestire alternative concrete tra cose da fare e da non fare più, e visioni rivoluzionarie per un porto-città¬-area vasta, sui generis come il nostro. Bisogna correre ai ripari, se si vuole allentare la sensazione di vertigine che è sempre più invasiva fra la mia gente. Già, ma come? Step by step: partiremo dalla crisi, questa dello scalo calabrese, che arriva dopo anni di crescita e successi. Perché se l’idea del porto di transhipment fu una grande intuizione, adesso,come suggeriscono i sindacati più illuminati, va aggiornata. E siccome è impossibile scardinare il posizionamento dei maggiori competitors, non ultimo Tangeri dove Contship fa la concorrenza a se stessa, Gioia Tauro deve trasformarsi in qualcosa di diverso, sviluppando una rete produttiva e di infrastrutture funzionali non più solo ad un porto monovocato, ma ad uno scalo polifunzionale che poggia su un’area vasta che nessun altro scalo marittimo italiano ha a disposizione. Diversamente dovremo arrenderci all’evidenza che Gioia Tauro ha già perso il suo futuro.