• Agea ed Arcea, in comune non solo la mission. Gestioni opache e spese fuori controllo. Quando il contagio parte dall’alto
    23/06/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI – Qualche giorno fa davamo notizia, nell’ambito dell’approvazione dell’assestamento di bilancio della regione Calabria, dei fondi (circa 700.000€) necessari al mantenimento della struttura dell’Arcea, sollevando dubbi non tanto sulla necessità dell’ente quanto più sulla dispersione in mille rivoli che questa compie nell’uso dei fondi pubblici attraverso lo strumento “allegro” o scarsamente monitorato degli incarichi e delle consulenze esterne. Ebbene, un articolo odierno del quotidiano economico-finanziario Italia Oggi a firma della giornalista Pascucci ci richiama all’argomento inquadrandolo in ottica nazionale attenzionando l’utilizzo della c.d. finanza agricola. Tra gli spunti copiosi che se ne possono trarre la nostra curiosità è stata attratta dall’audizione parlamentare tenutasi presso il Senato della Repubblica del generale di Corpo d’Armata Mario Iannelli, già ex Commissario straordinario nazionale dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea). E’ bene premettere che l’Agea, il cuisolo funzionamento costa 127 mln di euro l’anno, come organismo pagatore gestisce ben 4 miliardi di €/anno per conto dell’UE. Reperiti gli incartamenti, da una lettura attenta dell’audizione svoltasi presso la 9ª Commissione permanente Agricoltura del Senato in data 19/06/2012, nell’ambito della 317ª seduta, Il gen. Iannelli esplicita con risolutezza le linee guida che hanno caratterizzato la propria gestione commissariale dell’Agea. Egli si sofferma, in primis, sullo statuto dell’ente nazionale che denota delle maglie di elasticità tali da consentire ai vertici dirigenziali ampi margini discrezionali di gestione, rilevando l’assoluta mancanza di strategie e di strutture di controllo seguite dalla necessità di instaurare maggiore trasparenza nella governance e nella gestione delle risorse umane (evidentemente amministrate in pura logica spartitoria).

     

    Inoltre l’audito rivela d’aver riscontrato una serie di gravi irregolarità di natura amministrativo-contabile nonché sul sistema di controllo delle erogazioni comunitarie, evidenziando che sono emerse fondate perplessità ed irregolarità, peraltro oggetto di indagine da parte della Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri e dell’autorità giudiziaria. Inoltre, circa due milioni e mezzo di ettari di terreni di patrimonio agricolo in parte demaniali ed in parte privati si trovano di fatto in stato di abbandono. E quel che è peggio riguardo a questi ultimi, talune indagini svolte dai Carabinieri in Calabria hanno evidenziato l’esistenza di fenomeni fraudolenti, posti in essere dalla criminalità organizzata. Il gen. Iannelli arriva addirittura a suggerire la soppressione della stessa Agea trasferendone le funzioni ad un apposito dipartimento del Ministero delle politiche agricole e forestali ed analogamente la stessa sorte indica per l’Agecontrol (l’organismo di controllo che, per conto di Agea, svolge le verifiche di conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi). Dall’audizione emerge chiaramente secondo Iannelli che solo un mutamento dell’assetto organizzativo dell’Agea orientato nella direzione del trasferimento delle funzioni espletate dalla stessa al Ministero potrà evitare le situazioni clientelari ed affaristiche purtroppo riscontrate, non mancando di sottolineare poi che in talune circostanze le scelte relative all’attribuzione di incarichi siano state ispirate più da ragioni politiche che da un’oggettiva ricognizione dell’effettiva professionalità, desumibile dai curricula dei candidati.

     

    Sempre in materia di sprechi l’ex commissario sottolinea l’incombente necessità di sopprimere anche dei CAA, i Centri di assistenza agricola, che costano al contribuente italiano più di 25 mln di euro l’anno ma che danno un valore aggiunto praticamente nullo. E questo perché non solo non possono verificare preventivamente la legittimità del beneficiario degli aiuti, facendo ricadere l’onere dei controlli tutto su Agea, ma a questo si aggiunga che gli stessi CAA richiedono agli agricoltori anche un corrispettivo per la prestazione sulla pratica. Anche qui quindi ciò che ne vien fuori è sostanzialmente un quadro in chiaroscuro, ove queste agenzie, ammantate da una parvenza di utilità, finiscono molto spesso con lo stravolgere la loro vera essenza sociale, legittimandosi per lo più come enti-parassiti aperti al saccheggio degli incarichi, devoti al parcheggio dei sodali e svuotati dei contenuti etici e dei criteri di economicità che dovrebbero invece rigorosamente rispettare, a garanzia di terzietà. Ma il monito (come il dubbio) resta tranciante: tra le mele marce c’è sempre poca scelta.